Alberto Ascari e la sua folgorante carriera
Alberto Ascari, sicuramente uno dei personaggi più importanti della storia Ferrari e tutt’ora l’unico pilota italiano ad aver conquistato due titoli mondiali di Formula 1.
In meno di cinque stagioni vinse 13 gare, salendo 17 volte sul podio, prima di trovare la morte a Monza nel 1955.
Un pilota con la P maiuscola: completo e con uno stile di guida preciso e rispettoso della sua vettura.
In gara aveva la caratteristica di imporre un elevatissimo ritmo alla corsa soprattutto nei primi giri per poi gestire il vantaggio accumulato tanto da essere temuto da tutti e soprattutto da Juan Manuel Fangio.
Superstizioso da sempre, odiava i numeri 13 e 17, se un gatto nero attraversava la strada si fermava e aspettava che qualcuno lo superasse. In gara usava sempre il suo casco e il suo abbigliamento che curava quasi in modo maniacale.
Alberto Ascari, nacque a Milano il 13 luglio del 1918, negli ultimi mesi del primo conflitto mondiale, da una famiglia che aveva già nel cuore il mondo delle corse. Il padre Antonio era uno dei più forti piloti in circolazione ed Alberto era naturale che vedesse in quel genitore un modello da imitare.
Quando il 26 luglio 1925, il padre morì durante il gran premio di Francia a Monthléry, il giovane pilota milanese finì in collegio. A 11 anni iniziò ad appassionarsi alle moto, anche se la madre cercò di dissuadere il giovane Alberto. La carriera motociclistica durò fino al 1940, dove vinse molte gare. tra cui il gran premio del Lario.
Il passaggio alle quattro ruote
Nel 1940 l’esordio alla Mille Miglia su un tracciato accorciato per la guerra, in coppia con Giovanni Minozzi alla guida di una Auto Avio Costruzioni 815 fornita da Enzo Ferrari. Il 10 giugno sempre dello stesso anno il pilota milanese partecipò anche alla Targa Florio.
Poi la guerra fece sospendere le corse e costrinse Ascari alle riparazione dei veicoli militari insieme all’amico Villoresi, altro signor pilota di quegli anni. Si racconta che i due si conobbero quando Villoresi vendette la sua Maserati 2300 e Ascari scoprì vari difetti al motore.
Il ritorno alle corse
Finita la guerra nel 1946, Villoresi gli procurò un contratto con la Maserati ricominciando da dove si era lasciato. L’anno successivo Piero Taruffi convinse Piero Dusio ad affidare una delle sue monoposto della Cisitalia al pilota milanese, che arrivò secondo al gran premio d’Egitto.
Insieme a Villoresi acquistarono una Maserati e cominciarono a partecipare a varie gare, quando la Casa del Tridente decise di affidare ad Ascari una vettura ufficiale per correre sul circuito di Modena. Ma la vittoria di Ascari fu segnata da un brutto incidente del pilota Giovanni Bracco che finì tra la folla.
Intanto la voce di Enzo Ferrari, cominciava a farsi grossa e dopo varie vittorie in Maserati accettò l’invito di correre con l’Alfa Romeo, ma fu una parentesi isolata, perchè Ascari tornò subito indietro.
Sul circuito di Pescara, dovette subito ritirarsi per un problema tecnico, intanto Bracco abbandonò la gara perchè non se la sentiva di correre dopo l’incidente dell’anno prima cedendo la vettura al pilota italiano che vinse la gara conquistando sempre più popolarità. Nel gennaio del 1949, durante il gran premio del Brasile fu vittima di un brutto incidente dove perse tre denti e si fratturò la clavicola e tre costole, durante questo momento di convalescenza Ascari maturò l’idea di passare alla Ferrari insieme all’amico Villoresi.
Così nel 1949 il passaggio alla corte di Enzo Ferrari, colui che gli aveva fornito la sua prima vettura da gara nel lontano 1940.
Con la Ferrari nasce la leggenda di Ascari
Alla guida di una 166 F2 iniziò l’avventura con il Cavallino dove vinse nella diverse gare, ma il successo più importante di quell’anno avvenne a Monza, dove 25 anni prima trionfò il padre Antonio.
Nel 1950 arrivarono 10 vittorie tra cui Nurburgring e Silverstone, ma con poca fortuna alla Mille Miglia. Nella neonata F1 arrivò secondo a Monaco e Monza in una stagione dominata dall’Alfa Romeo.
Nel 1951 la nuova 375 riuscì in diverse occasione a dare filo da torcere alla scuderia del biscione, vincendo sempre al Nurburgring e poi in Italia, davanti al proprio pubblico.
Piccola delusione in Inghilterra dove Ascari dovette ritirarsi, mentre il compagno di squadra Froilan Gonzalez regalava la prima vittoria alla Ferrari. Ma la squadra di Maranello riuscì comunque a lottare fino alla fine per la conquista del titolo iridato.
L’anno successivo arriva il primo mondiale alla guida della 500 F2, agevolato anche dal ritiro dalle competizioni da parte dell’Alfa Romeo e dall’assenza di Fangio, campione in carica, infortunatosi gravemente nel gran premio di Monza in una gara extra-campionato. Nel 1953, arriva il secondo titolo iridato con la Ferrari, grazie a tutta una serie di vittorie e successi.
Il passaggio alla Lancia
Nel gennaio 1954 Alberto Ascari decise di lasciare Maranello per abbracciare il progetto sportivo di Gianni Lancia e firmò un contratto con la scuderia torinese. Ma l’esordio in Formula 1 avvenne su una Maserati, grazie alla concessione della Lancia, che non era ancora pronta per mettere in pista una monoposto competitiva. Durante i test a Monza Ascari testò la nuova Lancia D50, ma fu vittima di un brutto incidente che non bloccò il pilota milanese, intento a fermare il dominio delle Mercedes.
Ciao Campione
Il 1955 inizia con dei brutti segnali: a Monaco una macchia d’olio lancia l’auto di Ascari fuori dal tracciato e dritto in mare, lasciandolo quasi illeso. Qualche giorno dopo viene invitato a Monza a provare una Ferrari con l’amico Luigi Villoresi ed Eugenio Castellotti. Tre giri di prova, ma l’ultimo gli fu fatale. In uscita dal curvone oggi intitolato a lui, perse il controllo ribaltandosi.
Muore così, nel tempio dell’automobilismo, uno dei più grandi piloti della storia del motorsport.
Le Parole di Enzo Ferrari su: “Piloti che gente”
“Il pilota Alberto Ascari aveva uno stile preciso e deciso, ma era l’uomo che aveva bisogno di partire in testa. Ascari in testa era difficilmente superabile: oserei dire ch’era impossibile superarlo…relegato in seconda posizione o più indietro, non era il combattente che io avrei desiderato di vedere in certe occasioni. Non perché disarmasse, ma perché quando doveva inseguire e doveva superare l’antagonista evidentemente soffriva non di un complesso d’inferiorità ma di un nervosismo che non gli consentiva di esprimere la sua classe. Per Ascari valeva proprio l’opposto della norma: di solito infatti il pilota che si trova in prima posizione è preoccupato di mantenerla, si può distrarre nel controllare la situazione dietro a lui, studia il proprio passo, è spesso incerto se spingere o no; Alberto invece si sentiva sicuro proprio quando faceva la lepre; in quei momenti il suo stile diventava superbo, e la sua macchina imprendibile.”
I numeri di Alberto Ascari
Mondiali
Vittorie
Podi
Pole position
Fonti
Enzo Ferrari: Piloti che gente
Ferrari Opera Omnia