Alboreto: talento e classe lo fanno unico
Il 23 dicembre nasce un pilota che, il 25 aprile, mentre l’Italia si apprestava a celebrare l’anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, viene colpita da una notizia che rompe il clima festoso facendoci precipitare nello sconforto: Michele Alboreto è deceduto durante un test in Germania. Per ricordare la sua figura, riportiamo alcune tappe significative della sua carriera di pilota.
Dopo aver vinto con la Minardi di F2 il nome di Alboreto entra di diritto nelle agende dei team manager dell’automobilismo che conta. Chiamato da Tyrrel, si reca in Inghilterra a fare il sedile, ma il boscaiolo, pur apprezzandolo molto, non riesce a dargli delle certezze su un suo debutto nella massima formula. Tornato in Italia, col sedile, particolare che rende la F1 degli anni 80 più umana e “simpatica”, grazie alla sponsorizzazione delle ceramiche Imola, si ritrova in riva al Santerno col sedile e poco dopo nell’abitacolo della Tyrrel per il secondo GP di San Marino.
Nonostante l’esito della gara non premiasse il suo talento, il boscaiolo, sempre più convinto di aver trovato l’eredi di Stewart mette sotto contratto il milanese fino a tutto il 1983. Michele non tradisce la fiducia del talent scout inglese e, nel 1982, riporta una monoposto del boscaiolo alla vittoria proprio a Las Vegas, dopo 4 anni, battendo Prost con la Renault e annichilendo il padrone di casa Andretti poco a suo agio con una Ferrari C2 ormai al limite dello sviluppo.
Prima della vittoria a Las Vegas, Ferrari cerca di portarsi a casa il talento italiano, che tanto gli ricordava Von Trips per la sua signorilità e educazione, perché i noti eventi della stagione avevano messo la rossa in condizione di avere come unica punta Tambay, che più che una punta spesso e sembrato un mediano, creando qualche malumore all’interno delle mura di Maranello. Tyrrel,sa cosa significa la chiamata della Ferrari, e fa leva sulla lealtà di Alboreto chiedendogli di rispettare il contratto, sicuro che la casa di Maranello lo avrebbe aspettato. Michele si rende conto della situazione e accetta di rimanere seppur con il cuore in lacrime. Nel 1983 a Detroit, dopo un inizio scoppiettante della Ferrari di Arnoux, si ritrova in testa guidando con autorevolezza fino al traguardo. Quella è l’ultima vittoria di un motore Cosworth prima dell era turtbo, e di Tyrrel in F1.
Alla fine della stagione ’83, ecco lo storico annuncio : la Ferrari per la stagione 1984 potrà contare su Alboreto che correrà con la Ferrari col numero 27.
Dopo i primi test il milanese capisce che le gomme Good year potevano rappresentare lo scoglio più grande di una stagione che, almeno sulla carta, lo avrebbe potuto vedere protagonista.
Dopo le prime gare, oltre alle gomme, la Ferrari palesa dei problemi aerodinamici, che sembrano sparire in Belgio, dove Michele ottiene la Pole e la prima vittoria con la Ferrari, ma che ritornano falcidiando la stagione del milanese fino a Monza. Il debutto della C4M2 mitiga i problemi e porta l’italiano a finire spesso a punti, classificandosi quarto in classifica generale, proprio dietro a De Angelis, che con la Lotus, pare far riviere alla casa inglese i fasti dell’era Chapman.
Nel 1985 la Ferrari ha le carte in regola per puntare al titolo. Solo una scellerata scelta del Drake, cioè quella di cambiare fornitore di turbine a metà stagione, fa alzare bandiera bianca all’italiano che, nonostante la sconfitta e la rabbia, si dimostra sempre riconoscente verso la Ferrari, non tradendola mai, anche quando nel 1986 le sirene della Williams Honda sembravano essere molto più che un’opportunità.
La disciplina di Alboreto nei confronti della Ferrari, non verrà ripagata dalla casa emiliana, morto Ferrari, il primo ad essere giubilato è proprio lui, poco incline ad accettare le regole del nuovo DT Barnard, e forse travolto dal vento di cambiamento dell’Ing. Ghidella, da li a poco partente pure lui.
Dopo la Ferrari, Michele correrà per passione dimostrando che, nonostante gli anni, la classe era intatta e cristallina. Finita la carriera in F1, l’italiano si cala nell’abitacolo delle vetture sport, e subito il campionato pare vivere di nuova luce. Il suo stile non fatica a farlo imporre e ad apprezzare. Riesce a vincere una 24 ore di Le Mans con la Porche e ad ottenere la chiamata dell’Audi, che vede nel milanese il mezzo per tornare ad imporsi nelle gare di durata.
Michele comincia a testare la macchina, la plasmò e dopo aver macinato centinaia di chilometri s’impone a Sebring dando nuova linfa al programma endurance della casa tedesca. Quel 25 aprile 2001 torna in Germania a preparare la macchina per Le Mans, la gara che avrebbe voluto vincere per ripagare la casa dei quattro cerchi dei loro sforzi, ma una gomma esplode e facendolo carambolare contro il muro. Il pilota italiano muore sul colpo mettendo fine alla vita di uno dei piloti più amati e rispettati dal pubblico italiano e ferrarista; un signore nella vita e nello sport.