Alessandro Nannini, bello e impossibile
Mai arrendevole e sempre in vena allo scherzo. Per descrivere Alessandro Nannini in poche parole, le stesse non bastano: in Formula 1 si è fatto notare costantemente per il suo stile di guida inconfondibile, basato su una grinta eccezionale che lo rendevano uno dei piloti più veloci in pista.
Viene da una famiglia assai nota: il padre, grosso imprenditore locale, era conosciuto nel campo dell’industria dolciaria, sua sorella Gianna, beh, è una delle voci più riconoscibili della musica leggera italiana. Alessandro nasce a Siena il 7 luglio del 1959, e l’avvicinamento al campo delle quattro ruote avviene abbastanza presto, quando inizia la sua esperienza nei campionati rally nel 1978.
Gli esordi
Le cose cambiano nel 1980, quando Nannini debutta nell’appena costituita Formula Fiat Abarth. In questo campionato manca il successo al primo anno, ma bissa la vittoria al secondo tentativo nel 1981. Da lì, la carriera di Alessandro subisce un altro cambio di direzione.
Gian Carlo Minardi, da grande scouting com’era, decide di ingaggiare un nuovo pilota italiano per il campionato europeo di Formula 2 del 1982. La scelta cade proprio sul senese, che viene affiancato da un altro pilota tricolore, Paolo Barilla. Sarà l’inizio di una storia durata cinque stagioni, che si snoda tra l’agguerrita competizione della F2 fino ad arrivare alla gioia del debutto in Formula 1. Raccoglierà diversi podi, tre per la precisione.
La Formula 1
I tempi sono maturi, e Minardi promuove Nannini in “prima squadra”, facendo debuttare il toscano per la stagione 1986. Il sogno di poter correre nella massima serie automobilistica si realizza, ma l’entusiasmo rischia seriamente di svanire. Alessandro infatti, pur facendosi notare per le sue doti da pilota promettente, è spesso vittima dell’inaffidabilità del motore turbo che lo lascia a piedi in parecchie occasioni.
Nonostante le difficoltà riscontrate (dove ottiene come miglior risultato un 11° posto nel 1987 ad Estoril), le qualità di Nannini vengono comunque a galla. Ad accorgersi per primo delle sue potenzialità è un altro team italiano, più competitivo della Minardi: la Benetton. E così, nel 1988, Alessandro passa alla corte di Luciano Benetton nel ruolo di seconda guida, affiancato da un pilota più esperto, il belga Thierry Boutsen.
Dopo un ritiro collezionato nel primo appuntamento in Brasile, Nannini si rifà ad Imola dove, con un sesto posto finale, accumula i suoi primi punti iridati. Nonostante altri ritiri lo tormentassero, il senese chiude a punti anche in Francia ed in Giappone, cogliendo anche il suo primo giro veloce in Germania. In altre due occasioni arriva invece la gioia del podio. In entrambi i casi arriva terzo posto, il primo in Gran Bretagna, disputatosi sotto una fastidiosa pioggia, il secondo in Spagna.
Nel 1989 Boutsen passa alla Williams e Nannini diventa la prima guida della Benetton a fianco di Johnny Herbert, poi sostituito a metà stagione da Emanuele Pirro. Dal canto suo Alessandro, disponendo di una vettura più competitiva, ha la possibilità di puntare più in alto. Nella prima metà della stagione infatti, oltre a vari risultati positivi, ottiene due terzi posti ad Imola e ancora una volta in Gran Bretagna.
Nelle ultime due gare del campionato poi, Nannini chiude in grand bellezza. Nel Gran Premio del Giappone, Nannini è protagonista di una gara superlativa. Grazie al famoso contatto tra Prost e Senna, Alessandro passa al comando. Il brasiliano, ancora in corsa, recupera terreno, sorpassandolo e vincendo la gara. Ma Senna nel dopo gara viene squalificato, consentendo ad Alessandro di vincere la sua prima e unica gara in F1.
Nella gara seguente in Australia, che chiude la stagione 1989, l’italiano coglie uno strepitoso secondo posto. Con quattro podi ottenuti, il pilota della Benetton chiude il mondiale al 6° posto, a quota 32 punti. Di fatto, è la miglior stagione della sua carriera.
Al termine di una stagione memorabile, la Benetton conferma Nannini anche per il 1990. La stessa decisione non viene presa nei confronti di Pirro, che è costretto a cedere il volante a Nelson Piquet. Il brasiliano, ormai a fine carriera, approda così alla Benetton insieme alla sua enorme esperienza accumulata in Formula 1.
l confronto tra i due alla fine si rivela molto regolare ed alla pari, con i due piloti che stringono anche una bella amicizia. In un ambiente molto sereno all’interno del team, Nannini si mette nelle condizioni di poter puntare ancora al podio. L’obiettivo viene puntualmente raggiunto, e per ben tre volte. Arriva terzo ad Imola, addirittura secondo in Germania e ancora una volta terzo in Spagna.
In quest’ultimo periodo la carriera di Nannini sembra spiccare il volo anche in previsione del 1991, quando è la Ferrari a farsi avanti per aggiudicarselo in vista della stagione successiva. Da Maranello viene recapitata a Nannini una bozza di contratto, che però il toscano rifiuta clamorosamente, suscitando stupore in tutto il Circus. Ancora oggi restano poco chiare le motivazioni della scelta, anche se l’ipotesi più plausibile resta quella delle condizioni contrattuali poco soddisfacenti.
L’incidente e la fine della carriera
Ad ogni modo l’approdo in Ferrari non si verificherà mai per due precise ragioni. Il “Cavallino” punterà sulla rivelazione Jean Alesi, e perché la carriera e la vita di Nannini subiscono una brusca svolta il 12 ottobre 1990.
Mentre pilota il suo elicottero sopra la tenuta di proprietà della famiglia, qualcosa va storto nelle fasi di atterraggio. Nannini viene sbalzato fuori dall’abitacolo, e nell’incidente perde l’avambraccio destro, tranciato da una delle pale dell’elicottero. Alessandro viene immediatamente ricoverato in ospedale dove gli viene reimpiantato l’arto.
A causa di questo orribile infortunio, e della lunga riabilitazione, il toscano è costretto a saltare gli appuntamenti finali in Giappone ed Australia, ma non solo.
Pur avendo recuperato alcune funzionalità di base del braccio, altre resteranno per sempre compromesse. Nonostante alcuni voci di corridoio che lo volevano di nuovo partecipante ad un campionato di Formula 1, l’incidente segna di fatto la fine della carriera di Alessandro Nannini nella massima serie.
Riuscirà comunque a salire su una monoposto in alcune occasioni, come quella in cui provò con grande emozione la Ferrari di Alesi nel 1992, oppure la più recente nel 2012, guidando una Larrousse per festeggiare i 50 anni dell’autodromo di Suzuka.
Terminata definitivamente l’esperienza in Formula 1 (con 9 podi, 1 vittoria e 2 giri veloci in 76 gran premi disputati), Nannini non lascia il mondo dei motori. Nel 1992 partecipa al campionato italiano Turismo con l’Alfa Romeo, vincendo quattro gare. L’anno seguente passa alla DTM, gareggiando fino al 1996 e vincendo in ben tredici occasioni. Nel 1997 passa infine al campionato FIA GT, ma al termine della stagione matura la decisione di ritirarsi definitivamente dalle corse.
Dal 1998 ad oggi, Nannini si occupa dell’azienda dolciaria di famiglia a Siena, diventando inoltre consigliere per le relazioni economiche della Fondazione Italia USA. In quasi 80 gran premi disputati, ha dimostrato di esser stato uno dei piloti più grintosi, veloci e talentuosi della pattuglia italiana in Formula 1. Senza quel drammatico incidente, la sua carriera si sarebbe molto probabilmente arricchita di qualche successo in più.