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Buon compleanno Johnny Herbert, il “campione mancato” della F1

Il campione mancato

Tra i tanti piloti che hanno abbassato la visiera alla linea di partenza delle competizioni automobilistiche più importanti al mondo, c’è n’è uno che spesso non si ricorda o che si ricorda solo per il magro numero di 3 Gran Premi vinti in carriera. Quel pilota è Johnny Herbert.

Quel ragazzino che già dai kart aveva saputo ammaliare tutti con quella velocità innata. Quel ragazzino che agli albori della sua carriera già veniva definito “il prossimo campione del mondo“.

Herbert fu uno dei più puri talenti ad emergere nel mondo del Motorsport, ma a causa di un drammatico incidente quel ragazzino che amava sfidare il cronometro non riuscì mai ad esprimere tutto il suo potenziale.

Lui è stato uno dei nostri campioni del mondo mancati  (Damon Hill)

Una vita a quattro ruote

Partiamo dall’inizio. Johnny si fece notare subito in patria vincendo il campionato britannico di Karting nel 1982 (perdendo anche una falange in un incidente). Nel 1985 trionfò nel Festival di Formula Ford, alla guida di una ormai datata Quest FF85 e partendo dalle retrovie, confermando ancora una volta la sua innata propensione per la velocità.

Proprio grazie a questo successo si guadagnò la stima di Eddie Jordan che lo mise sotto contratto.  Passò alla Formula 3 nel 1987, campionato che dominò, vincendo cinque gare.

L’anno seguente passò alla Formula 3000 e vinse la sua prima gara al debutto. Nel frattempo diversi team di Formula 1, tra cui Williams e Benetton, si interessarono al giovane pilota inglese che veniva descritto come “uno dei migliori in circolazione”. Alla fine la Benetton ebbe la meglio e il direttore sportivo Peter Collins strinse un accordo con Herbert per fargli disputare la sua prima stagione in Formula 1 nel 1989.

L’incidente a Brands Hatch

L’episodio più difficile della carriera (e della vita) di Herbert avvenne il 21 agosto 1988, quando si ritrovò coinvolto in un incidente potenzialmente mortale. Partito in pole a Brands Hatch, si scontrò con Gregor Foitek. Dopo molteplici collisioni con le barriere, la vettura si fermò a bordo pista. L’inglese sostenne gravi lesioni alla caviglia e al piede sinistro.

Sono sempre stato cosciente. Mi ricordo di aver aperto gli occhi e la prima cosa che ho visto sono stati gli alberi attraverso la monoscocca. Appena li ho visti ho pensato “sedatemi”. Ero convinto di aver perso le gambe dal ginocchio in giù perché non potevo vederle. Ho provato dolore? No. Non sentivo niente.

Sedato e portato in ospedale si risvegliò dopo sette ore e solo allora si rese conto che le gambe erano ancora lì. Bendate, malconce, ma erano ancora lì. Seguirono interventi chirurgici e mesi di fisioterapia, anche se l’entità delle ferite di Herbert ostacolò permanentemente la sua mobilità, rendendolo de facto il primo (e unico) pilota disabile in Formula 1.

Sono sceso a patti con il mio incidente. Alla fine è stato maledettamente spettacolare.

Il debutto in Formula 1 e l’avventura in Giappone

Nonostante l’incidente e il dolore causato delle lesioni, prese parte alla stagione 1990 di Formula 1 con Benetton, come concordato col suo mentore Peter Collins. Al debutto in Brasile stupì tutti, piazzandosi in quarta posizione davanti al suo compagno di squadra Alessandro Nannini.

Johnny Herbert

Procedendo di gara in gara però, le prestazioni di Johnny Herbert non si dimostrarono all’altezza di quello standard altissimo previsto per la Massima Formula. Complice il cambio di gestione in Benetton, venne sostituito in corsa dal collaudatore della McLaren Emanuele Pirro, dopo aver mancato la qualifica per il Gran Premio del Canada.

Nel 1990 si trasferì in Giappone, alternandosi tra Formula 300 e Sportprototipo. Pur senza grandi risultati, riuscì ad accordarsi con Mazda per disputare la 24 Ore di Le Mans in coppia con Weidler e Gachot, conclusasi con un ritiro.

Il tempo che trascorso in estremo Oriente mi è stato molto utile, sia per il numero di corse disputate, sia per alleggerire la pressione che sentivo su me stesso.

Fece capolino di nuovo in Formula 1 alla fine del 1990 con la Lotus, con cui disputò le ultime due gare in sostituzione di Martin Donnelly, vittima di un grave incidente al Gran Premio di Spagna.

Nel 1991 si alternò tra corse in Giappone e Formula 1. Sempre quell’anno ottenne un importante successo, trionfando alla 24 Ore di Le Mans, sempre in coppia con Weidler e Gachot.

Peter Collins, gli propose di gareggiare per la Lotus di cui era divenuto proprietario, a partire dal Gran Premio del Canada, in sostituzione di Julian Bailey. Pur senza marcare punti, riuscì a guadagnarsi la conferma per il 1992, formando la coppia titolare con Mika Häkkinen, tornando così definitivamente in Formula 1.

Nel 1994 la situazione finanziaria della Lotus versava in una condizione terribile. La squadra andò in amministrazione controllata dopo il Gran Premio d’Italia e il contratto di Herbert venne venduto.

Di nuovo “a casa”

Il pilota inglese tornò alla Benetton, dove gareggiò per la stagione 1995.

A Silverstone e Monza il compagno di squadra di Johnny Herbert, Michael Schumacher, si scontrò con il rivale per il titolo, Damon Hill, ed entrambe le volte il pilota inglese riuscì a conquistare il gradino più alto del podio.

GP Italia 1995 Johnny Herbert

Terminata la stagione, nonostante l’ottimo piazzamento in quarta posizione in classifica piloti, il contratto non gli venne rinnovato, lasciandolo alla ricerca di un sedile.

Dopo la Benetton

Nel 1996 Herbert si trasferì alla Sauber, la cui vettura però non fu in grado di offrirgli più di qualche punto occasionale e sporadici piazzamenti a podio.

Gp Ungheria 1997 Johnny Herbert Sauber

Cominciò un nuovo capitolo con la Stewart nel 1999 e, approfittando delle condizioni meteorologiche miste nel Gran Premio d’Europa, regalò alla squadra la sua prima (e ultima) vittoria.

johnny herbert gp europe 1999
f1-history.deviantart.com

Rimase alla Stewart anche dopo che la squadra venne acquistata da Ford e divenne Jaguar. A causa della monoposto poco competitiva, la stagione 2000 per Herbert si rivelò molto frustrante. Per concludere in bellezza, proprio all’ultimo appuntamento della stagione in Malesia, finì in barella dritto all’ospedale più vicino dopo un brutto incidente causato da un guasto a una sospensione della vettura.

A fine 2000, Johnny Herbert lasciò la Formula 1. Tornò alle auto sportive dove collezionò più di un successo, vincendo la 12 ore di Sebring nel 2002 e nel 2004 la Le Mans Series con Audi.

Oggi Herbert è un collabora con Sky Sports F1. Presenzia regolarmente in cabina di commento durante le prove, le sessioni di qualifica e le gare insieme a Anthony Davidson, Damon Hill, Nico Rosberg e Paul Di Resta.

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Alessia Gastaldi

Mi chiamo Alessia, ho 25 anni e frequento la facoltà di giurisprudenza all’università Statale di Milano. Innamorata dei motori da quando sono bambina, sogno di diventare una giornalista sportiva, per raccontare le storie dei protagonisti che hanno scritto e scriveranno la storia del motorsport.

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