Ci sono piloti che in pista hanno vinto tutto e ci sono piloti che anche se sul campo non hanno vinto molto, hanno fatto breccia nel cuore degli appassionati
Tra questi si annovera il pilota scozzese David Coulthard, che è nato nella regione scozzese di Dumfries esattamente cinquantuno anni fa.
Sin da bambino ha respirato l’odore dell’asfalto grazie al padre, grande appassionato di Motorsport, che lo portava ad assire alle gare su tutti i circuiti inglesi più importanti.
Gli esordi
David Coulthard ha cominciato a gareggiare con un kart compratogli dal padre all’età di otto anni, ottenendo diversi successi nelle gare nazionali. È entrato nella “Super One Series”, il campionato più importante della disciplina e, anche se fece fatica il primo anno per il livello di competitività estremamente alto della categoria, se ne laureò campione sia il secondo anno che quello successivo.
Per lui negli anni della adolescenza, la Formula 1 era un sogno quasi intangibile, tant’è che era convinto di andare a lavorare nella ditta di trasporti di famiglia.
Nel 1988, nonostante fosse un po’ riluttante all’idea di approdare nelle monoposto, passò alla Formula Ford, in cui dominò il campionato britannico nel 1989. Nel 1990, nonostante riuscì a svolgere il suo primo test in McLaren in Formula 1, non riuscì a replicare il successo dall’anno precedente in Formula Ford a causa di un incidente sul circuito di Spa- Francorchamps che lo costrinse a fermarsi per il resto della stagione.
Approdò in Formula 3 nel 1991 dove si rese protagonista di una serrata lotta al titolo con il brasiliano Rubens Barrichello che, al termine della stagione ebbe la meglio.
L’anno seguente disputò il campionato internazionale di Formula 3000 con il team PSR. La vettura, poco performante, limitò la sua competitività tant’è che concluse la stagione al nono posto in classifica generale. Nel 1993 passò alla scuderia Pacific e vinse la sua prima corsa, terminando terzo in campionato.
Sempre nello stesso anno prese parte alla 24 ore di Le Mans, ma il suo team, nonostante fosse arrivato primo nella classe GT, venne squalificato.
L’esordio in Formula 1
La sua carriera in Formula 1 comincia nel 1994 come test driver per la Williams, team che lo promuove pilota ufficiale al fianco di Damon Hill a seguito della tragica e improvvisa morte di Ayrton Senna.
Un’eredità impegnativa da portare avanti per il giovane scozzese alle prime armi che però si seppe difendere, terminando la stagione con 14 punti e un podio.
Nel 1995 la scuderia di Grove confermò la lineup dell’anno precedente. Coulthard conquistò la vittoria nel GP del Portogallo e arrivò terzo in campionato con 49 punti.
L’avventura in McLaren
Con l’arrivo del giovane Jacques Villeneuve alla Williams, Coulthard si traferì alla McLaren motorizzata Mercedes accanto a Mika Hakkinen. Aiutare la scuderia di Woking, che veniva da anni turbolenti, a tornare al vertice della classifica mondiale non era sicuramente un compito semplice per i suoi due piloti. La monoposto era poco competitiva e non riusciva a stare al passo con la Williams.
Una piccola curiosità: al GP di Monaco di quell’anno il pilota scozzese gareggiò con un casco prestatogli dal campione del mondo in carica Michael Schumacher, poiché la visiera del suo si appannava. In quell’occasione Coulthard ottenne il suo miglior risultato stagionale, arrivando secondo. Nel 1997 rimase alla McLaren al fianco di Mika Hakkinen per la seconda stagione consecutiva, terminando al terzo posto in campionato.
Nonostante fosse il secondo pilota in casa McLaren, velocemente divenne il volto della squadra. Si accaparrò sponsorizzazioni multimilionarie tra cui quella della società svizzera produttrice di orologi di lusso TAG Heuer e si potevano trovare cartelloni pubblicitari del pilota con la faccia da “bravo ragazzo” nelle piazze delle città più famose del mondo.
Il 1998 fu l’anno della svolta in casa McLaren con la MP4/13, la prima monoposto progettata da Adrian Newey, decisamente più competitiva delle precedenti. Il titolo quell’anno fu conquistato dal compagno di squadra Hakkinen e Coulthard arrivò solo terzo. L’anno successivo non fu più fortunato: terminò in quarta posizione.
Nel 2000 la Ferrari tornò ad essere competitiva e le sue chances di conquistare il titolo si assottigliarono sempre di più, anche se la sua popolarità cresceva esponenzialmente.
Il 2001 si rivelò un anno frustrante, ma il peggiore fu senza dubbio il 2004 quando la McLaren sbagliò completamente vettura, che si rivelò scarsa e innaffiabile e a nulla valse l’introduzione di una “versione B” dopo il GP di Francia. Terminò il 10 posizione.
L’avventura di David Coulthard con la Redbull Racing Team
Dopo nove stagioni nel team inglese, venne ingaggiato dal neonato team Redbull, erede della Jaguar, che ha beneficiato dell’arrivo di un pilota esperto come David Coulthard. Riuscì a conquistare una serie regolare di buoni piazzamenti e ottenne il rinnovo per la stagione successiva in cui al GP di Monaco riuscì a ottenere il primo podio per la scuderia con terzo posto nella sua duecentesima gara disputata.
Anche nella stagione 2007 Coulthard è alla guida della Redbull insieme all’australiano Mark Webber, coppia che viene confermata anche per la stagione successiva.
Nel corso della stagione 2008 il pilota scozzese annuncia il suo ritiro dalle corse. Il 2 novembre 2008, in Brasile, concluse la sua ultima gara alla seconda curva della pista a causa di un tamponamento avvenuto con la Williams di Kazuki Nakajima.
Oltre la Formula 1
Nel 2010 ritorna a correre esordendo nella DTM con la Mercedes del team Mücke Motorsport sponsorizzata Deutsche Post. Fu una parentesi deludente per il pilota che riuscì a conquistare solo un punto a Shanghai, nell’ultimo appuntamento della stagione.
Venne riconfermato dal team tedesco per le due stagioni successive, non riuscendo mai ad ottenere risultati degni di nota.
Il 18 ottobre 2012, prima dell’ultima gara del campionato, annuncia il suo ritiro dalle competizioni.
Il presente
Ad oggi, Coulthard collabora con SkySportF1 in veste di commentatore e giornalista.
Se guardate la mia carriera, ho avuto la velocità ma non la costanza, quindi direi che sono stato bravo ma non abbastanza. Ed è per questo che oggi mi sento a mio agio a dire la mia opinione in tv, perché non mi vedo come un pilota perfetto e tutti gli altri come dei dilettanti