Eroi dei due mondi | Jacky Ickx
Re senza corona in Formula 1, più fortunato nei prototipi e nei rally, dove vince di tutto: Le Mans, Daytona, Sebring e Parigi-Dakar

Occorre iniziare dalla gavetta, quando si parla dell’epopea di Jacky Ickx, pilota belga (Bruxelles il luogo di nascita) classe 1945. Perché già essa racchiude un repertorio di un certo spessore. Il giovane Jacky, figlio di un giornalista sportivo nonché pilota di auto, si cimenta in tutto: moto, gare turismo, prototipi e Formula 2. Come da prassi dopo un percorso così completo, l’approdo in Formula 1 è praticamente scontato, e sarà qui che Jacky calcherà le scene tra gli anni ’60 e ’70.
In mezzo, e anche dopo, un sacco di altre gare: Le Mans, i prototipi, i rally raid, con tante Parigi Dakar e un legame con l’Africa affiorato in età matura. Carattere difficile, tosto – ‘Pierino la peste’ lo chiamavano a Maranello – e una carriera che è un’antologia, un’epopea giostrata su più ambienti e contesti. Un po’ sfortunato in Formula 1, dove ha colto due titoli di vicecampione, accompagnati da 8 vittorie e 13 pole, Ickx è stato assai più vincente nelle tante Parigi Dakar disputate e alla 24 Ore di Le Mans, vinta ben sei volte. Protagonista anche con macchine entrate nella leggenda – due nomi: Ferrari 312B e Ford GT40 – in una carriera funestata, purtroppo, anche dai tanti lutti.
Come quello di Stefan Bellof a Spa nel 1985, dopo uno scontro che vide protagonista anche lo stesso Ickx. Per non parlare della perdita di Christian Tarin, amico e copilota di Jacky, al Rally dei Faraoni edizione ’91. Lutti che hanno segnato Ickx anche durante il periodo in Formula 1. Su tutti, la perdita di Jochen Rindt, grande rivale di Jacky e campione postumo in quel 1970 che registrò il punto più alto mai toccato dal belga al volante di una Ferrari.
MAI FORTUNATO IN FORMULA 1
Carattere difficile, dicevamo. Così come difficile è l’epoca che Jacky Ickx si ritrova ad affrontare in Formula 1. Gente tosta bazzica la massima serie in quell’ultima fase degli anni ’60, quando il belga con il viso da eterno ragazzino fa il suo debutto iridato. Graham Hill, Jackie Stewart, Jim Clark, Jochen Rindt sono solo alcuni nomi con cui Ickx deve fare i conti. Lui, Jacky, ha appena terminato la gavetta per arrivare lassù, nell’Olimpo dei grandi. Anzi, il primo GP di Formula 1 lo corre addirittura con una vettura della serie inferiore: una Matra di Formula 2 (all’epoca era consentito).

Avvio subito traumatico, perché Jacky entra in collisione con la Cooper di John Taylor in un impatto cruento, che vede la vettura del rivale avvolta dalle fiamme, con Taylor che perderà la vita il mese dopo per le ustioni. Ickx si salva e da lì la sua carriera prende il volo. A notarlo è nientemeno che Enzo Ferrari, che lo convoca per il 1968. Inizia così un rapporto con la Rossa di durata quinquennale – interrotto solo dall’anno in Brabham, nel ’69 – con alterne fortune.
Punto più alto, come detto, il 1970, quando Ickx conferma il titolo di vicecampione ottenuto l’anno prima con la Brabham. Punto più basso il ’73, ultima stagione in rosso, conclusa con una desolante nona piazza. Cinque anni in Ferrari, dunque, e tanti buoni risultati, ma mai il colpo grosso: ciò che fa di Ickx un ‘Re senza corona’, come Stirling Moss, Ronnie Peterson e Clay Regazzoni.
Peggio ancora andrà dal ’74 al ’79, quando Ickx cerca fortuna con altri team, per lo più britannici. Lotus, Ensign, Wolf e Ligier saranno le sue destinazioni nella seconda metà degli anni ’70, che gli riservano più delusioni che altro.
JACKY ICKX, RE DI PROTOTIPI E RALLY
Lo scenario cambia se analizziamo il palmarès del belga a Le Mans e nei rally. Qui sì che Ickx fa la voce grossa. A Le Mans soprattutto, che taglia sei volte da vincitore. Con una caratteristica tutta sua: quella di camminare verso la monoposto al momento del via, mentre gli altri piloti corrono, da prassi, come forsennati. Perché Ickx riteneva quella procedura di partenza (poi abolita) terribilmente pericolosa, e manifestava così la sua polemica.
Memorabile, tra tutte, la prima vittoria alla Sarthe con la Ford GT40 nel 1969. Se ne aggiungeranno cinque, con due marchi diversi: Gulf Mirage (1975) e Porsche, con cui il belga trionfa ben quattro volte a cavallo degli anni ’70 e ’80. Un amore prolifico quello di Ickx per i prototipi, dove centra i traguardi più prestigiosi, Daytona e Sebring compresi.

Ma c’è pure un capitolo nero, ossia la drammatica collisione 36 anni fa con Stefan Bellof a Spa. L’impatto è tremendo, perché si consuma in una delle curve più veloci del mondiale – l’Eau Rouge -, mentre Bellof, a bordo di una Porsche meno aggiornata rispetto a quella di Jacky (che correva in forza al team Rothmans), tenta l’attacco sul caposquadra. Le due Porsche volano fuori: Ickx esce illeso, Bellof, in fin di vita, spira qualche ora dopo a Stavelot.
AFRICA, TERRA DI SOGNI
L’ultimo capitolo di Jacky Ickx si consuma in terra d’Africa, dove arrivano altre soddisfazioni. Ma con in mezzo, ancora, qualche delusione cocente e grave lutto. Nel 1983, Jacky è vincitore della Parigi Dakar, che potrebbe bissare sei anni dopo, quando a bordo della Peugeot se la gioca con il compagno Ari Vatanen. Peccato che, per evitare duelli fratricidi, l’allora capo della Peugeot Jean Todt decida di decretare a priori il vincitore, lanciando una monetina. La sorte premia Vatanen, con Ickx costretto a recitare il ruolo più innaturale possibile: quello di seconda guida designata. Una ferita nell’orgoglio.
Negli stessi anni ’80 e ’90, Jacky è anche organizzatore del fortunatissimo Rally dei Faraoni, che non gli risparmia, però, la perdita dell’amico Tarin. L’ennesima disgrazia di una carriera comunque fenomenale, che fa di Ickx, a pieno titolo, un eroe di mondi ed epoche distanti anni luce tra loro.