Eroi dei due mondi | Juan Pablo Montoya
Ostile, aggressivo, schietto... Ma anche incredibilmente talentuoso e deciso
Non è un impresa semplice quella di raccontare in poche frasi chi è stato Juan Pablo Montoya, ma andiamo con ordine.
L’ESORDIO
È il 4 marzo 2001, la Ferrari arriva da un’annata vincente che ha segnato l’inizio dell’era Schumacher con il doppio titolo dell’anno prima. McLaren e Williams motorizzata Bmw però sono pronte a dare spettacolo. Fra i tanti volti conosciuti c’è un colombiano dalla faccia tutt’altro che allegra. Cammina per il paddock, pronto a dimostrare anche al mondo della F1 quale talento sia appena sbarcato ad Albert Park. Il suo curriculum è ben diverso da quello di un qualsiasi rookie. Può infatti vantare la vittoria al debutto sia nel campionato CART che nella 500 miglia di Indianapolis (esattamente come Graham Hill nel 1966). L’esordio però non è dei migliori, il motore lo tradisce al 40esimo giro mentre si trova in terza posizione.
GLI ANNI IN F1 CON LA WILLIAMS
Il colombiano conclude sesto in classifica generale, riuscendo però a farsi spazio tra i big con tre vittorie e altrettante pole. Non mancano inoltre le manovre spettacolari, come il maestoso sorpasso ai danni di Schumacher in Brasile. Il suo potenziale è ormai chiaro a tutti, soprattutto a Michael, con cui si scontrerà in pista e non solo.
Nel 2002 purtroppo la Ferrari è troppo forte per permettere a Montoya di cogliere più di qualche podio. L’uomo è costretto ad aspettare l’anno successivo per vincere ancora. Nel 2003 infatti la lotta per il titolo vede lui, Schumacher e Kimi Raikkonen (con cui Montoya aveva condiviso l’esordio, assieme ad un altro pilota qualunque, un certo Fernando Alonso). Ferrari, McLaren e Williams hanno infatti prestazioni molto simili, e i tre sono pronti a spremere all’osso le loro vetture per imporsi sugli avversari. Juan resta in lizza fino alla fine, per poi perdere ogni speranza dopo un incidente con Barrichello in America e un ritiro tecnico in Giappone.
IL PASSAGGIO ALLA MCLAREN
Nel 2004 le cose per lui non vanno meglio, un passaggio annunciato troppo presto alla McLaren e un Cavallino invincibile gli impediscono di cogliere un’ ultima vittoria con Sir Frank Williams, con cui correva dal 1998. Nel 2005 e nel 2006 fa fatica ad adattarsi all’auto di Ron Dennis e con un Iceman cannibale gli è impossibile brillare.
L’ADDIO
A fine 2006 si sa già che la McLaren avrebbe cambiato del tutto il proprio schieramento, arruolando Fernando Alonso e il rookie Lewis Hamilton, ancora ignaro di cosa il futuro gli nasconda. Montoya è consapevole che non ci sia più posto per lui nel campionato, ed annuncia il suo ritiro dal mondo della F1, senza essersi mai tolto la soddisfazione di un titolo mondiale. Nonostante le 7 vittorie e le 13 pole position infatti, ogni appassionato dentro di sé sa che il talento per alzare quella coppa era ben più che sufficiente, e con più fortuna ora parleremmo di ben altro.
Juan Pablo Montoya però non si lascia abbattere, e riesce subito a trovare un posto nel campionato NASCAR, in cui però non ottiene grandi risultati. Le vittorie di certo non mancano, vince infatti la 24h di Daytona e, a 15 anni di distanza, la 500 miglia di Indianapolis.
La sua figura è tutt’ora una delle più iconiche, grazie al suo carattere da duro che nasconde però un cuore buono e alle sue incredibili manovre. Forse il suo allontanamento dal campionato gli ha fatto bene, uno come lui avrebbe sofferto non poco a sopportare le contraddizioni dell’ obbligato perbenismo moderno.