F1 1988: l’ultima stagione turbo
La stagione 1988 è stata l’ultima in cui sono state viste correre le vetture turbo, un Mondiale sotto l’insegna della McLaren-Honda di Ayrton Senna

La stagione 1988: un Campionato che segnò la fine delle vetture turbo in F1, dal momento che dall’anno successivo questo tipo di propulsori vennero banditi per dar spazio a quelli aspirati.
In ordine temporale, questa fu la 42esima stagione ufficiale di Formula 1, che iniziò il 3 aprile 1988 e terminò il 13 novembre dopo 16 gare: un Campionato che culminò con l’assoluto dominio della McLaren, quell’anno passata dai motori TAG-Porsche a quelli Honda che le permisero di vincere 15 corse su 16 grazie ai suoi due piloti titolari, Ayrton Senna (che diventò infine Campione del Mondo) e Alain Prost.

CAMBIAMENTI REGOLAMENTARI
Nel 1986 fu deciso che nel giro di tre stagioni si sarebbe arrivati al progressivo abbandono dei propulsori turbo, per cui il 1988 fu l’ultima stagione nella quale le scuderie li poterono utilizzare. La loro pressione di sovralimentazione scese a quota 2,5 bar, una riduzione che limitò anche la potenza complessiva delle vetture. Inoltre venne ridotta anche la quantità di carburante a bordo, passata a 150 litri dai precedenti 180.
Tutti i telai di nuova progettazione, in più, dovevano essere allestiti con la pedaliera dietro l’asse delle ruote anteriori, al fine di prevenire possibili traumi in caso di incidente frontale. I telai che rimasero, invece, invariati dal 1987 non dovevano seguire questa regola.
Infine, dal momento che a quest’edizione del Campionato si iscrissero 18 scuderie con ben 31 piloti in griglia di partenza, fu introdotta una sessione speciale di pre-qualifiche, da disputarsi durante le prove libere del venerdì. Lo scopo? Ridurre a trenta il numero massimo di partecipanti alle qualifiche vere e proprie del sabato, per cui un pilota, al termine del venerdì, veniva escluso dalla possibilità di migliorare la propria posizione per la gara di domenica.
Inizialmente erano costretti a partecipare alle pre-qualifiche i piloti delle nuove scuderie, mentre da metà stagione in poi questo turno speciale fu obbligatorio per tutti coloro che avevano ottenuto i risultati peggiori in una classifica ad-hoc nella quale si prendevano in considerazione le ultime 8 gare del Campionato precedente e le prime otto di quella corrente.

GLI ULTIMI MOTORI F1 TURBO
Dal momento che il 1988 fu l’ultimo anno nel quale si poteva sfruttare le motorizzazioni turbo, diverse scuderie decisero di rinviare il passaggio ai propulsori aspirati alla successiva stagione 1989. Tra queste, spiccò sicuramente la McLaren, che troncò la collaborazione con i motori TAG-Porsche (il marchio si ritirò definitivamente dalla Formula 1) e ne iniziò un’altra molto più redditizia con la Honda, che smise così di fornire i propri gioielli alla Williams. Il costruttore giapponese fornì al team di Woking e alla Lotus il suo RA168E, un V6 da 1.5L e 650 cavalli.
La Ferrari, invece, affinò il suo sei cilindri 033E da 660 cavalli, mentre le altre scuderie che optarono per le motorizzazioni turbo, anche se decisamente più limitate di quelle aspirate, furono la Zakspeed (con il 1.5L quattro in linea), la Arrows (con il Megatron M12/13) e la Osella, con il loro proprietario 890T che in realtà era un vecchio Alfa Romeo di qualche stagione precedente ma che si dimostrò il più potente (700 cavalli) e quasi in linea ai nuovi propulsori non-turbo.
Questi, essenzialmente, erano i Ford Cosworth DFZ e DFR, dei V8 3.5L che vennero scelti da ben dodici team all’interno della griglia di partenza. La differenza tra i due? Il DFR, usato in esclusiva dalla Benetton, era in grado di sprigionare ben 610 cavalli, contro i 580 del DFZ. Da non dimenticare, infine, il propulsore Judd CV montato dalla Williams, dalla March e dalla Ligier, che era in grado di arrivare a quota 600 cavalli.

LARGO ALL’ELETTRONICA
Già introdotta in via sperimentale nelle ultime gare della stagione 1987, l’elettronica attiva iniziò ad essere usata in maniera più importante proprio dal Campionato 1988. Chi si fece pioniera di questa scelta fu innanzitutto la Williams: dal momento che non poteva più contare sulla superiorità dei motori Honda e visto che aveva dovuto ripiegare sugli Judd CV 3.5 V8 (gli stessi montati dalla March sulla 881), il team di Sir Frank decise di installare in maniera definitiva il sistema di sospensioni intelligenti sulla loro nuova creatura, la FW12. La Lotus, invece, che fu in realtà la prima scuderia in assoluto a testare questi sistemi elettronici all’inizio del 1987 (con alcune prove anche nel 1982 e 1983), decise di ritornare alle sospensioni tradizionali per la nuova 100T, da una parte per il peso aggiuntivo della monoposto e dall’altra per quel 5% di extra boost che il computer di bordo richiedeva per funzionare al meglio. Questa decisione, per l’appunto, venne pagata proprio dal team di Grove: la potenza necessaria per far girare in maniera ottimale il sistema di sospensioni intelligenti, infatti, rese il propulsore Judd troppo pigro a confronto dell’RA168E montato sulla monoposto rivale.

NUOVE SCUDERIE
La stagione 1988 è stata una delle più affollate di tutta la storia della Formula 1. Al via del Campionato, infatti, presero parte ben 18 scuderie per un totale di 31 piloti, ma tra i reparti corse iscritti c’erano delle novità rispetto al 1987. Innanzitutto ci fu il ritiro della Brabham, un evento che non succedeva dal 1961. La perdita delle motorizzazioni turbo marchiate BMW fecero infatti cadere la partecipazione del team di Bernie Ecclestone, che ritirò le sue macchine prima del via sul circuito di Jacarepaguà, in Brasile. In compenso, altri tre team entrarono nel Circus iridato: il primo fu la BMS Scuderia Italia, che portò a San Paolo una Formula 3000 modificata e chiamata Dallara 3087 prima di costruire la loro macchina principale, la F188 sempre su telaio Dallara, dalla seconda gara sulla pista di Imola. Il secondo reparto corse fu la Rial Racing, mentre la terza scuderia era la EuroBrun Racing. La Coloni SpA, infine, schierò definitivamente la loro FC188 (poi in versione B) che aveva preso parte alle ultime due gare della stagione precedente.

TEST PRE-CAMPIONATO
I tradizionali test pre-season si tennero a Rio de Janeiro sul circuito di Jacarepaguà, conosciuto anche con il nome di Autodromo Internacional Nelson Piquet, e tra i vari team spiccò quella Ferrari che l’anno precedente aveva dominato le ultime due gare di stagione con Gerhard Berger. L’austriaco e Michele Alboreto, infatti, firmarono dei tempi che erano decisamente più veloci di quelli segnati da tutti gli altri in pista, addirittura più rapidi di quelli ufficiali ottenuti durante il GP del Brasile del 1987. Alcuni pensarono subito che le due Rosse di Maranello stessero girando con una pressione del turbo non conforme ai regolamenti FIA, quindi con la valvola pop-off settata sui livelli della stagione precedente a 4 bar. Queste voci di corridoio, poi, trovarono conferma poco prima dell’inizio di stagione: nei successivi test di Imola, infatti, le due F1 87/88C non riuscirono ad avvicinarsi nemmeno lontanamente ai tempi firmati qualche mese prima, e vennero letteralmente bruciate dalla competitività della nuova nata in casa McLaren-Honda, quella MP4/4 affidata ad Ayrton Senna e Alain Prost.

