All’inizio dell’era turbo, la massima espressione della tecnologia in Formula 1 è rappresentata dalla Ferrari 126 C2.
Con il modello C2, la Ferrari ha abbandonato i telai rafforzati in alluminio per creare un perfetto mix tra il motore turbo e l’effetto suolo.
L’ingegnere Ferrari, da sempre convinto della prevalenza del motore, deve “arrendersi” all’evidenza che l’aerodinamica ha assunto un ruolo preminente nella progettazione e nello sviluppo delle monoposto.
A questo proposito, a Maranello viene assunto Harvey Postlethwaite, brillante ingegnere inglese, che ha ben chiaro che i telai delle macchine da corsa devono avere enormi valori di carico, caratteristica che i telai precedenti non potevano sopportare.

Il Drake, in realtà, era molto irritato dalle polemiche accese dalla stampa specializzata, che indicava come la Ferrari si stesse concentrando solo sul motore, dimostrando di non capire l’importanza del telaio. Per tutta risposta, Ferrari dà carta bianca al neoassunto che, capita l’urgenza, brucia i tempi e organizza il reparto corse all’utilizzo delle nuove tecnologie.
Grazie all’intervento del centro ricerche Fiat, la GES organizza un impegnativo programma di ricerche. Il centro ricerche della casa torinese permette alla scuderia di Maranello di utilizzare dei calcolatori che consentono di fare le prime simulazioni del telaio.
Il carattere artigianale della Ferrari si capisce dall’assenza di questi strumenti, spesso sostituiti dai computer della Fiat Trattori, che aveva uno stabilimento a Modena e obbligava i tecnici di Maranello a sprecare una quantità di tempo infinito per copiare i dati a mano, non potendo contare nemmeno sulla presenza del fax.
Il risultato di questo salto nella modernità è la C2, una monoposto con valori di downforce pari a 2600 kg a velocità elevate. Forghieri si rende conto che il carico prodotto dalle pance laterali è così elevato che, in certi casi, le ali anteriori vengono rimosse o calibrate ad incidenza positiva per produrre una certa forza verso l’alto, alleggerendo così l’asse anteriore da un carico eccessivo.

A tanti anni di distanza, si può tranquillamente affermare che la Ferrari 126 C2 è stata la celebrazione dell’effetto suolo e, se non fosse stato per i tragici incidenti occorsi a Villeneuve e Pironi, e per delle cure mediche non ben azzeccate per ovviare ai problemi fisici di Tambay, oltre al titolo costruttori a Maranello sarebbe arrivato anche il titolo piloti.