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Grizzly a 300 all’ora

Nel 2001 il cuore dei tifosi della F1 di tutto il mondo si trovò improvvisamente a palpitare.
Perché?
Semplice, il circus annoverava nuovamente Villeneuve e Schekter!
I figli di due tra i più importanti protagonisti della storia della Ferrari erano entrati a far parte del mondo della F1 ricalcando le orme dei loro illustri padri.
Il padre di Tomas, Jody, nasce in Sudafrica il 29 gennaio 1950.
Si mette in luce nelle formule minori, tanto da riuscire a convincere la McLaren a farlo debuttare nell’ultima gara del 1972.

Lo Schekter che debutta nella massima formula è un pilota grintoso ed irruento, ma anche un uomo di pochissime parole tanto da essersi guadagnato il soprannome di “orso”!
Famosi i suoi monosillabi come risposta ai giornalisti, caratteristica che lo accomuna a Raikkonen, anch’egli entrato nel cuore dei tifosi ferraristi.
Il 1973 non lo ricorda tanto per i risultati quanto per aver innescato una carambola durante il GP d’Inghilterra!
Riuscì a mettere fuori gara ben nove monoposto ed a procurare gravi fratture alle gambe di De Adamich che, purtroppo, costeranno la carriera al pilota italiano.

jody scheckter GP svezia 1976
© Cahier Archive

Ken Tyrrell nonostante la reputazione di sfascia macchine di Schekter, decide di puntare sul Sudafricano per il dopo Stewart.
Il campione inglese si era ritirato nel 1973 stanco dell’ambiente delle corse, ma soprattutto scioccato dalla morte di Cèvert, suo compagno di squadra, durante le prove del GP USA.
Tyrrell, il boscaiolo, riesce a far breccia nel carattere di Schekter che sboccia e regala al team manager inglese quattro vittorie!
La più significativa resta quella ottenuta in Svezia nel 1976 con la rivoluzionaria Tyrrell a sei ruote.
Jody, maturando comincia a nutrire ambizioni sempre maggiori.

È così che nel 1977 abbandona la Tyrrell per accasarsi alla Wolf, scuderia fondata dall’omonimo miliardario canadese, che mette in pista una monoposto eccezionale con la quale si aggiudica tre gare e si classifica secondo in classifica generale.

gp monaco 1977 Jody Scheckter wolf
© Philinflash – By Flickr

A quel punto della sua carriera le sirene Ferrariste lo tentano…
La scuderia di Maranello è priva di Lauda e sta cercando un caposquadra, ma il Sudafricano preferisce rispettare il contratto firmato con la Wolff con la quale corre ancora nella stagione 1978.

In quell’anno, la scuderia canadese ha perso la sua propulsione vincente e Jody decide di accettare le corti ferrariste e trasferirsi in Italia per la stagione 1979.
Schekter si sente maturo, il suo modo di correre è cambiato molto.
Ora sa essere molto veloce quando deve ottenere il massimo risultato, ma anche un abile calcolatore di risultati intermedi.
Si sente pronto per il vincere il titolo ed è per questo che si trasferisce alla Ferrari.

Villeneuve e Schecker
© Ferrari

A Maranello trova Villeneuve e, dopo qualche frizione iniziale, tra i due nasce un’intesa ed un’amicizia che li fece sempre rispettare in pista creando un sodalizio magico che portò il titolo costruttori a Maranello e le prime due posizioni in classifica per i piloti!
Schekter, più regolare, riesce a conquistare il titolo, ma in lui è in atto un altro cambiamento.
Tanti anni di corse gli hanno fatto capire come sono evolute le monoposto e lo hanno reso consapevole che la sicurezza era passata in secondo piano.

Riesce a farsi nominare Presidente della Formula Uno Drivers Association e comincia a portare avanti una politica atta ad abolire le minigonne mobili.
A questo punto il sudafricano diventa scomodo.

Le sue tesi per eliminare le minigonne danno fastidio, ma hanno un fondamento di verità.
Schekter, di fatto, afferma che quando la macchina perde aderenza si trasforma in un aereo e, se si trova ad andare a sbattere, la struttura della macchina è insufficiente a proteggere la vita del pilota a causa del fatto che l’impatto avviene a velocità piena!

Diventato campione del mondo, Jody comincia a capire che le corse non sono più l’essenza della sua vita, ma da serio professionista accetta di difendere il titolo per la stagione 1980.
La Ferrari gli consegna la 312T5 ed è ……subito flop…

jody scheckter ferrari 312t5 1980
© Ferrari

Erede della vittoria T4, la T5 è ormai una macchina sorpassata, molto pesante, penalizzata dal motore boxer.
In sintesi, mal si sposa con la tecnologia delle wing care: pance strette e minigonne mobili sempre più efficienti.
Gli ingegneri della Ferrari, per ovviare ai problemi, alleggeriscono la monoposto, purtroppo senza ottenere miglioramenti.
È così che Schekter subisce l’onta della mancata qualificazione in Canada e l’ultima fila alla partenza del GP d’Italia!
Troppo per il campione…
Il 15 luglio, in un albergo di Milano, il pilota sudafricano comunica alla stampa l’intenzione di ritirarsi dalle corse con l’obiettivo di realizzarsi professionalmente in modo diverso.
Nel 1981 si trasferisce negli USA con la convinzione che, in America, sarebbe riuscito a sfondare nell’imprenditoria solo grazie alle proprie capacità considerato che non lo avrebbe riconosciuto nessuno…
Si dedica con successo ad attività prima nel campo degli armamenti ed in seguito della ristorazione.

Quando si è ritirato dal mondo della F1 aveva trent’anni ed, in allora, nessuno avrebbe scommesso che ci sarebbero voluti ben ventun anni per rivedere qualcuno vincere il mondiale piloti con la Ferrari!

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Federico Sandoli

Esperto di logistica e trasporti, sempre pronto a recepire le novità ed a proporre soluzioni operative innovative. Lettore accanito, con una passione particolare per la scienza, la medicina ed…i supereroi. Iscritto al Club Ferrari di Maranello dalla nascita, curo da sempre la mia passione per la Ferrari e la F1 in genere. Colleziono modellini che posiziono rigorosamente in funzione del periodo dell’anno e degli eventi legati a piloti e case costruttori e custodisco gelosamente alcune lettere autografe oggetto di uno scambio di corrispondenza con l’Ing. Ferrari.

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