James Bond non ha la licenza di guidare una Ferrari
La Ferrari dal 1958 al 1964 riesce a imporsi in diverse gare in tutte le categorie dove si misura. Nella memoria collettiva il nome Ferrari era diventato sinonimo di successo e possederne una era il sogno irrealizzato di molti.
Il fascino delle gran turismo create in Italia è al culmine, tanto che non solo le teste coronate fanno a gara per averne una, ma anche i personaggi del mondo dello spettacolo, del cinema e i playboy internazionali. William Holden, ad esempio, se ne fa costruire una appositamente adattata ai suoi voleri e va personalmente a Maranello a ritirarla con la speranza mal celata di conoscere Ferrari; Rossellini, non un gran guidatore, si fa costruire una spider che decide di modificare in coupé per far piacere a Ingrid Bergman.
Un altro grande, Omar Sharif, l’aveva voluta con uno stemma d’oro attaccato alle portiere, mentre James Stewart la guidò solo una volta per poi cederla. Belmondo, famoso tirchio, contesta quasi tutto, dal prezzo alla qualità dei materiali, ma alla fine ne compra una. Peter Sellers ne compra una per la moglie Britt Ekland.
Ma attori e registi a parte, la Ferrari continua ad essere una chimera al Cinema. Il Drake rimane affascinato dalla sceneggiatura del film “Gran Prix” e concede l’uso del marchio e delle macchine ma non della persona. Infatti, il compianto Adolfo Celi lo impersona col nome Manetta.
Ferrari indubbiamente indovina a collaborare alla stesura e alla realizzazione del film “Grand Prix”, mentre si trova in disaccordo con Gozzi quando la Ferrari viene contattata da una casa di produzione inglese che sta preparando un set tratto da dei romanzi scritti da un oscuro funzionario dei servizi segreti: Ian Fleming.
La casa di produzione chiede alla Ferrari la possibilità di poter utilizzare una gran turismo nelle scene d’inseguimento col protagonista alla guida. Gozzi, quando legge la lettera a Ferrari, è entusiasta e, nonostante una decisione così importante potesse prenderla solo il Drake, dava per scontato che la risposta non poteva che essere affermativa.
Ferrari comincia, come suo solito, a fare la solita serie di domande tra le quali: “È un film importante ma soprattutto pagano?”. A questa domanda Gozzi si trova spiazzato e riferisce che il protagonista è un attore sconosciuto di sicuro avvenire, il regista un certo Terence Young e i produttori Broccoli e Saltzman.
Il Drake alza lo sguardo verso il suo collaboratore e gli fa presente che i due produttori non sono molto quotati, tanto che per finanziare il film dovettero chiedere un finanziamento alla United Artist e, leggendo attentamente la bozza d’accordo, ci sono delle clausole che fanno innervosire il vecchio tipo: “Per l’utilizzo della vettura non verranno chiesti contributi alla Ferrari ma neppure verranno pagati alla casa italiana in quanto la pubblicità è reciproca” e ancora “la casa di produzione s’impegnava a restituire la macchina alla fine delle riprese”.
Ferrari irritato dice a Gozzi di rifiutare pronunciando una tipica frase in dialetto con assonanze inglesi “Te god tant spend poch company, limited in del spes” (compagnia del godere tanto, spendere poco, limitarsi nelle spese). Gozzi con riluttanza si vede obbligato a rifiutare, non si può discutere un ordine di Ferrari, obbligando la casa di produzione inglese a rivolgersi all’Aston Martin che, onorata, decide di mettere a disposizione della casa di produzione due DB5, che sarebbero diventate per sempre il marchio di quasi tutte le macchine di 007.