La Ferrari nel suo destino
La carriera agonistica di Alberto Ascari, detto “Ciccio”, comincia in moto. Figlio d’arte, il padre Antonio è stato un grande pilota degli anni venti che incontrò il proprio destino in Francia quando aveva 37 anni. Il giovane Alberto, invece di lasciare le competizioni, decide di seguire le orme paterne ma non con le due ruote bensì con le quattro. Debutta alla Mille Miglia su una vettura rosso amaranto chiamata Auto Avio Costruzioni.
Nonostante il ritiro per la rottura di una valvola del motore, il patron della casa automobilistica, Enzo Ferrari, rimane molto impressionato dalle doti del giovane pilota figlio d’arte. Il secondo conflitto mondiale sembra distruggere ogni ambizione di Ascari che, appena finita la guerra, torna alla guida di una Maserati. La nascita dei suoi figli sembra sopire la passione nel suo animo ma la vittoria sul circuito di Modena alimenta nuovamente il fuoco della passione tanto che il milanese viene chiamato da un manager di sicuro avvenire ma molto ambizioso: Ferrari.
Il sodalizio col Cavallino Rampante è caratterizzato da un crescendo di risultati eccezionali. Nel ’50 Ascari conquista due secondi posti mentre dal ’51 arrivano le vittorie in Germania e in Italia, riuscendo a conquistare un incoraggiante secondo posto in classifica. Nel ’52 la Ferrari gli mette a disposizione la 500 F2, che diventa, nelle mani del milanese, una monoposto imbattibile. In quell’anno conquista sei gran premi e il titolo col 100% dei punti a disposizione. Nel ’53 concede il bis vincendo 5 gare sulle otto in programma.
Nonostante le vittorie, i rapporti con Ferrari cominciano a raffreddarsi. Sono sempre molto cordiali e formali ma il pilota vorrebbe che il manager italiano gli riconoscesse la paternità dei successi invece di attribuirli in massima parte alle proprie macchine. Dopo un lungo tira e molla, Ascari si trasferisce alla Lancia e guarda alla stagione ’55 con marcato ottimismo. Il campionato però inizia tra alti e bassi fino a Monaco, dove finisce in mare per il bloccaggio di una ruota.
Frastornato ma convinto di voler tornare al volante quanto prima, quattro giorni dopo decide di raggiungere l’amico Castellotti a Monza dove sta provando una Ferrari sport. Vedendo girare il lodigiano, seppur privo del suo equipaggiamento dal valore scaramantico, Ascari fa segno a Castellotti di voler provare la vettura. Dopo qualche giro, per cause ancora ignote, il milanese esce di pista rimanendo ucciso sul colpo in un tratto della pista monzese che nel tempo prenderà il suo nome.
Al funerale c’è tutta Milano a salutare il pilota che, per classe e carattere, piaceva a tutti e che curiosamente è morto alla stessa età del padre. A tutt’oggi, Ascari resta l’unico italiano ad essere riuscito a conquistare il titolo mondiale di Formula Uno.