Le grandi innovazioni della Formula 1: il motore posteriore
Ripercorriamo le novità tecniche che hanno costellato la storia della Formula 1 cominciando con l’adozione del motore posteriore
Il motore posteriore: alla fine degli anni ’50 la Cooper introduce la prima grande innovazione tecnica destinata a stravolgere l’aspetto delle vetture di Formula 1
Fino all’introduzione, nel 1957, del motore posteriore, le vetture di Formula 1 erano rimaste pressochè invariate rispetto al primo mondiale disputato nel 1950. Per molti anni, ancora prima della creazione del campionato del mondo, vincere le gare presupponeva due ingredienti fondamentali: una vettura potente e un pilota coraggioso per portarla al limite.
Nemmeno la nascita del campionato mondiale cambiò di molto questa filosofia: a vincere furono per anni le potentissime vetture italiane di Alfa Romeo, Ferrari, Maserati, Lancia. Oppure le non meno impressionanti Mercedes scese in pista per dominare nel ’54 e nel ’55.
John Cooper e Jack Brabham: i padri del “tutto dietro”
Furono le scuderie inglesi, ma sarebbe meglio dire “anglofone” a cercare di ribaltare il tavolo. Puntando tutto su soluzioni tecniche che garantissero maneggevolezza e guidabilità, la sola strada per contrastare la velocità di punta della Ferrari. L’adozione del motore posteriore non fu agevole. Tantissimi furono infatti gli ostacoli che trovò sulla sua strada questo concetto, prima di diffondersi in tutte le categorie motoristiche.
I costruttori, innanzi tutto. Celebre la frase di Enzo Ferrari “Non ho mai visto i buoi andare dietro al carro”. Seguita dalla promessa di non costruire mai una vettura che non avesse il motore davanti al pilota. Ma anche i conduttori stessi non erano molto favorevoli a questa modifica radicale delle vetture. Avere il motore davanti faceva sentire più protetti, più sicuri. E in più nessuno voleva sacrificare la propria tecnica di guida di fronte a monoposto che si sarebbero comportate in modo assolutamente diverso.
Il precedente di Auto Union e Mercedes nel primo dopoguerra: quando motore posteriore era sinonimo di sconfitta
A dire il vero c’era già stato uno sporadico tentativo di adottare il motore posteriore. Lo effettuarono le più importanti case tedesche negli anni ’20 e ’30. Ma ebbero la sfortuna di accompagnarlo ad altre soluzioni che non funzionarono, e che… indussero a gettare il bambino insieme all’acqua sporca.
Ci voleva una realtà più piccola, per provare di nuovo una soluzione così rischiosa. Il terreno fertile lo offrì il team di Charles Cooper e del figlio John, una scuderia a conduzione familiare che si dilettava nel costruire macchine da corsa per le formule minori. La necessità di adottare motori economici, di derivazione motociclistica, indusse a riconsiderare la posizione del propulsore. Necessitando di una trasmissione a catena era evidente che il motore non poteva essere montato davanti al pilota, ma più vicino possibile alle ruote posteriori.
Il ruolo di Jack Brabham nell’adozione del motore posteriore
Prive del lungo, e pesante, albero di trasmissione tra motore anteriore e ruote motrici, le maneggevoli Cooper costruite da Charles e John si rivelarono vincenti sin dalle prime gare di Formula 3. La vettura era più bassa e quindi più rapida nei cambi di direzione. Aveva una minore impronta frontale e soprattutto godeva di una ottimale distribuzione dei pesi tra asse anteriore e posteriore.
Ma nessuno avrebbe dato credito a questa vera e propria rivoluzione se, ovviamente, non fossero arrivati anche i successi nella massima formula. E grande merito di queste affermazioni va attribuito a uno dei piloti più forti della storia. Jack Brabham iniziò a guidare le macchine di Cooper già nel 1954, in Nuova Zelanda. “Black Jack” si trovò subito benissimo con questo tipo di vetture. E soprattutto riuscì a portarle al successo.
La rapida ascesa in formula 1 e le prime vittorie: una strada verso il successo tracciata sin dall’inizio
La soluzione del motore posteriore bruciò letteralmente le tappe. Cooper introdusse la prima vettura con motore Climax montato al posteriore nel 1957, al Gran Premio di Montecarlo. Nel gran premio d’Argentina del 1958 Moss ottenne la prima vittoria. Nel biennio successivo arrivarono infine due titoli mondiali, entrambi con Brabham. L’ultimo regalo dell’australiano prima di mettersi in proprio e costruire da solo la vettura che guidava.
Ma ormai la strada era tracciata. Il motore posteriore si diffuse rapidamente e cambiò per sempre la conformazione delle vetture da corsa. Nel 1961 scese in pista anche la Ferrari 156 F1, vincitrice del mondiale con Phil Hill. Era la prima rossa con la soluzione “tutto dietro” ed i buoi da allora sarebbero stati sempre dietro al carro.