
Nella storia di questo sport non sono certo mancati i colpi di scena, come squalifiche di piloti che hanno ridimensionato gare e campionati. Una delle più famose è di sicuro quella riguardante Riccardo Patrese, coinvolto nell’incidente in cui scomparve Ronnie Peterson.
I FATTI
Durante il Gran Premio di Monza del 1978 infatti lo svedese perse la vita (per cause tutt’ora poco chiare) dopo essere stato tirato fuori dal rogo della sua auto. Il pilota danneggiò la sua Lotus durante il warm-up e dovette utilizzare il muletto. L’incidente avvenne allo start del GP, quando il commissario diede il via senza aspettare che tutti si posizionassero sulla propria casella. Così facendo gli ultimi classificati partirono di fatto lanciati. La confusione si risolse in concomitanza della chicane con un incidente che coinvolse ben 10 piloti. Fu la McLaren di Hunt a colpire la vettura dello svedese, che finì per sbattere violentemente contro il guardrail. Le fiamme avvolsero velocemente la vettura che intanto, rimbalzando in pista, aveva perso le ruote. Queste impattarono violentemente contro Brambilla ( portato poi in ospedale dove rimarrà in coma per qualche giorno, da cui poi si riprenderà completamente) e Stuck (illeso).

Peterson era ancora cosciente dopo il rogo, ma per bloccare la folla di curiosi le autorità finirono per rallentare anche i soccorsi. Furono i piloti e I Leoni della CEA a salvare Peterson da un destino ben più cruento. Trasportato d’urgenza al Niguarda, venne operato per salvargli gli arti inferiori, la mattina seguente però morì di embolia lipidica che gli fu fatale.
Il decesso fu seguito da un’ondata di indignazione da parte di molte figure del motorsport. Lo stesso Lauda, vincitore del GP, dichiarò “Sono nauseato da Monza. Non ne voglio più sentir parlare e non mi importa nulla di questa vittoria“. Come succede spesso in questi casi iniziò una vera e propria caccia alle streghe, durante la quale vennero fatte diverse accuse, più o meno gravi.
IL TRIBUNALE
Dopo alcune indagini fatte dalla procura di Milano, vennero citati in giudizio Riccardo Patrese e lo starter Gianni Restelli. L’accusa chiese una condanna di 8 mesi con condizionale per il padovano, mentre ci si aspettava l’assoluzione per Restelli. Alla fine vennero assolti entrambi. Se la questione legale si era risolta nel migliore dei modi, la parte sportiva era tutt’altro che dimenticata. Nel corso del processo infatti piloti come Hunt e Merzario si lasciarono spesso andare a gravi accuse nei confronti del pilota della Arrows. La squalifica vera e propria arrivò il gran premio successivo.
Gli organizzatori della gara di Watkins Glen decisero di impedire la partecipazione alla corsa da parte di Patrese, soprattutto a causa della protesta di Hunt, Watson, Fittipaldi e Lauda. Questi avevano infatti detto che non si sarebbero presentati se lui avesse preso parte alla gara. Sia la Arrows che il pilota stesso (sempre convinto della sua innocenza) si appellarono ai giudici sportivi, ma nulla cambiò a loro favore.Non furono solo i piloti ad influenzare la decisione, ma anche l’enorme crociata che molti giornali avevano portato avanti contro il pilota, costringendo gli organizzatori a prendere la drastica soluzione. Dal canto suo Riccardo si è sempre dichiarato innocente, dato che la manovra in questione venne ritenuta da lui stesso, e da alcuni altri piloti, come regolare.
Curioso il fatto che secondo un documentario del 2001 il vero colpevole fosse Hunt, il primo degli accusatori. La vicenda non solo privò questo sport di un pilota del calibro di Peterson, ma distrusse la carriera di Patrese, che dovette ricostruirsela da zero. Fortunatamente grazie al suo talento riuscì comunque a raggiungere traguardi importanti, come le 6 vittorie in carriera e il secondo posto nel mondiale del 1992.
