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1940-1949BiografieOn this day

Mario Andretti, il pilota dei due continenti

Il 28 febbraio 1940, nasce a Montona, Mario Andretti, uno dei pilota dell’automobilistico ad aver vinto, praticamente tutto. Pe questo motivo è entrato a far parte nella “Hall of Fame”, trionfando nella 500 Miglia di Indianapolis nel 1962, alla 12 Ore di Sebring nel 1967 e in Formula 1; dove si aggiudicò, il titolo iridato nel 1978 alla guida della Lotus modello 79. Quell’anno, Andretti, vinse sei gran premi e otto pole position: un binomio macchina-pilota imbattibile e che incrementò un palmares agonistico veramente impressionante.

I record di Andretti

In totale, Mario Andretti ha disputato 131 gare, vincendone 12 e salendo sul podio ben 19 volte. Nella sua carriera ha anche conquistato 18 pole position, totalizzando per 10 volte il giro più veloce. Nel 1984 vinse anche il titolo nella Formula Usac gareggiando per il team dell’attore Paul Newman.
Nel dopoguerra, la vita dell’italo-americano e della sua famiglia non fu tutta rose e fiori perchè furono obbligati a lasciare il paese d’origine, l’Istria e vennero dislocati in un campo profughi di Lucca.
Ben presto, la famiglia Andretti decise di trasferirsi in Pennsylvania. Un passato povero ma che è comunque servito a formare le ossa a Mario e al suo fratello gemello Aldo. Questa robustezza ha permesso ai fratelli Andretti, di correre con ogni tipo di vettura sin dalle prime competizioni, alternandosi alla guida di una vettura da turismo da loro elaborata. Poi tra la fine degli anni 60 e l’inizio dei 70, Mario Andretti si aggiudicò per tre volte la 12 Ore di Sebring (1967, 1969 e 1970) e la 500 miglia di Daytona nel 1967, nel campionato NASCAR.

Andretti è vicino alla F1

Sempre alla fine degli anni 60, Andretti assaggiò con la Lotus, la Formula 1.
Nel 1970, la scuderia britannica, March, decide di mettere sotto contratto Andretti, con cui disputa cinque gare, conquistando anche un terzo posto nel gran premio di Spagna.

Il cuore Ferrari

Enzo Ferrari si accorse del talento dell’americano e lo ingaggiò per la stagione 1971, dove vinse la gara d’esordio nel gran premio del Sudafrica e dove fece segnare anche il giro più veloce.
Sempre allegro e devastante nella ricerca della massima prestazione, Mario Andretti non riuscì però, ad ottenere dei grandi risultati con la scuderia di Maranello. Anche se la sua simpatia e lo stile di guida travolgente, infuocarono subito la platea dei tifosi italiani.

Dopo due anni di pausa, uno dei quali trascorso a guidare le vetture sport della casa Ferrari, Andretti decise di ritorna a correre con il team statunitense, Parnelli. Furono anni difficili per via della scarsa competitività delle monoposto, ma Andretti riuscì comunque ad ottenere diversi punti.

Colin Chapman vuole Andretti

Alla fine della stagione 1976, Colin Chapman riuscì a riportare Mario Andretti alla Lotus, concludendo la stagione vincendo in Giappone, ultima gara della stagione.
Il binomio Lotus-Andretti cominciava a prendere forma e l’anno seguente, grazie anche alla nuova tecnologia aerodinamica, nota come “effetto suolo”, Mario conquistò 4 vittorie, un secondo posto, sette pole e 4 giri veloci, chiudendo terzo nel campionato mondiale con 47 punti.

Un mondiale dal sapore amaro

Nel 1978 l’effetto aderenza, portata dalla Lotus era incredibile e i risultati iniziarono a farsi vedere.
Con il modello 79 la Lotus divenne imbattibile, tanto che Andretti diventò campione del mondo con 6 vittorie, 3 giri veloci e le 8 pole position.
Ma la fragilità della vettura Lotus di quell’anno portò alla morte del compagno di squadra Ronnie Peterson, evento che immancabilmente mise sotto inchiesta la scuderia inglese.
Le successive stagioni, alla guida di Lotus, Alfa Romeo, Williams furono avare di successi.

mario andretti lotus 79
© John Millar – Mario Andretti

Il ritorno a Maranello

Poi alla fine del 1982 fu ingaggiato dalla Ferrari, orfana di Didier Pironi, per correre gli ultimi due gran premi della stagione. Il grande ritorno fu positivo: Andretti conquistò la pole position a Monza, chiudendo terzo e contribuendo alla vittoria del titolo costruttori della scuderia italiana.
Sempre lo stesso anno, il pilota italoamericano decise di chiudere con la Formula 1 e di ritornare a correre negli Stati Uniti, dove vinse il titolo 1984 nelle corse USAC.

mario andretti
© Eric Seals/Detroit Free Press-USA TODAY NETWORK

Due parole con Mario Andretti

D: Qual è il segreto di Mario Andretti?
Non c’è un segreto. Fin da giovanissimo ero spinto dalla passione per i motori e la velocità. Diventare un pilota automobilistico era un pensiero fisso. Per me non esisteva nient’altro. Ho fatto tutto quello che era nella mia facoltà per raggiungere questa meta. Alla fine ci sono riuscito. Il mio segreto, se così lo possiamo definire, è che non ho avuto mai un altro piano nella mia vita. Non si può dimenticare un amore che ti ha retto in vita per anni. Proprio a Montona ho conosciuto l’ebbrezza della velocità. Con Aldo, il fratello gemello, correvamo con i carretti che avevamo fabbricato da soli, giù per la rapida discesa che da Montona porta alla valle del Quieto. Sempre nel borgo istriano vidi la prima automobile, che mi ha fatto battere il cuore. Era una splendida Ford. Sono rimasto nel mondo della competizione automobilistica fino all’età di 54 anni. L’ultima volta che ho corso ufficialmente è stato nel 2000, alla 24 Ore di Le Mans, piazzandomi sedicesimo in assoluto. Avevo 60 anni. Oggi, anche se non partecipo attivamente nella guida, seguo le corse e i motori. Ogni tanto mi confronto pure anche nelle prove. Mio figlio Michael gestisce una scuderia con quattro piloti e io gli vado dietro“.

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Silvano Lonardo

Mi occupo di Digital Strategist. Appassionato di Formula 1, ciclismo, pallamano e Lego. Insegnante di nuoto e due volte papà.

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