Piero Ferrari: nel nome del padre
Piero Ferrari, una figura poco appariscente, a tratti defilata, ma molto importante in Ferrari.
Non è semplice parlare di Piero, considerato spesso ed ingiustamente, solo come il figlio del Grande Vecchio, così come non deve essere stato semplice per Piero essere il figlio di un così illustre ed istrionico padre.
Nasce e cresce a Castelvetro di Modena il 22 maggio del 1945 dalla relazione tra Lina Lardi e Enzo.
Una grande e bella storia d’amore tra i due che, purtroppo, non ha mai potuto essere sancita ufficialmente perché l’Ing., persona tutta di un pezzo, ha voluto sempre rispettare la memoria della moglie, tanto da dare il proprio cognome a Piero, amatissimo da subito, solo alla scomparsa della stessa.
Era noto a tutti quanto Ferrari fosse stato legato a Dino, il figlio nato dal suo matrimonio, e quanto avesse sofferto la sua prematura scomparsa.
Anche Piero, sicuramente, ne era a conoscenza e chissà, in cuor suo, quante domande e dubbi lo avranno assalito….e quanto sarà stato forte il timore di non essere all’altezza delle aspettative di un padre, da un certo punto di vista, impegnativo e molto scomodo.
Il ragazzo ha ricevuto una educazione molto rigorosa, improntata su sani principi di campagna, ma non gli è mai mancato l’affetto del padre che, amorevolmente gli dedicava tempo ed attenzioni.
Quante volte Enzo lo ha fatto sedere sulle sue ginocchia per leggergli Topolino, apparendo agli occhi di Piero come un “gigante”!
Appassionato di meccanica ed attratto dalle macchine e dalle moto, Piero ricevette il suo primo no dal padre quando gli chiese di comprargli un motorino! Cosa fece il Vecchio? Lo mandò alla bottega del riparatore di biciclette del luogo per iniziarlo all’attività lavorativa.
Il messaggio era molto chiaro: nulla ti è dovuto per nascita, ma devi guadagnartelo!
Fu grazie ad una disposizione testamentaria di Adalgisa, la nonna paterna, che Piero riuscì a vedersi schiudere le porte dell’Antro dei motori. L’Ing., forse per rispetto al figlio Dino o più probabilmente per evitare che si pensasse a favoritismi, non vedeva di buon occhio l’ingresso del secondogenito in Ferrari.
Il primo incarico in azienda fu quello di catalogare i pezzi rotti o sbagliati che corredavano il famoso “museo degli errori”, un incarico che, apparentemente, sembrava volerne sminuire la figura, ma che in realtà gli fu di insegnamento per sviluppare l’attitudine a guardare sempre avanti, pur facendo tesoro delle esperienze e degli errori del passato.
I due Ferrari sono molto diversi ed accomunati soltanto da un forte attaccamento al lavoro: Piero, schivo e riservato, Enzo, camaleontico ed abilissimo a gestire le relazioni, tanto da parlare con facilità sia all’operaio che alla testa coronata di turno in visita in azienda.
A sancire agli occhi del mondo la figura di Piero i quotidiani pranzi dei due al ristorante “Cavallino” di Maranello dove Enzo era solito intrecciare i suoi contatti: un’occasione di crescita importante per il giovane Ferrari che ha potuto disporre delle lezioni di un così abile maestro.
Passano gli anni, e l’Ing., sempre saldo al comando, si affida vieppiù al figlio promuovendolo supervisore della gestione sportiva.
I disaccordi col “Re” ci furono, specialmente l‘assunzione di Barnard creò, tra i due, un solco che portò il reparto corse a dividersi, favorendo l‘arrivo di Ghidella come presidente.
Un episodio curioso vede Piero quale autista d’eccezione di Papa Giovanni II quando, durante la visita pastorale in Emilia, andò a celebrare la messa sul circuito di Fiorano.
Quel giorno la consueta “papamobile” venne sostituita da una Ferrari Mondial cabrio con alla guida un Piero visibilmente emozionato!
Ormai prossimo alla fine il Vecchio lasciò al figlio il 10% delle sue azioni ed alla Fiat la maggioranza, con la condizione di mantenere a Piero la carica di vicepresidente.
Il figlio rivestì il ruolo con grande dignità, non facendo mai pesare il suo “ingombrante” cognome, mantenendo e tramandando nel management aziendale lo stile e l’etica del padre: guardare sempre avanti e pensare che la vittoria più bella fosse sempre la prossima!
Nel ‘91, dopo Cesare Fiorio, gli fu chiesto di prendere pro tempore il timone della squadra, ma la pochezza della vettura unita a divisioni interne non gli permisero di conquistare risultati di prestigio.È evidente dai fatti che Piero Ferrari abbia sempre portato con fierezza il suo illustre cognome e cercato di continuare l’opera iniziata dal padre, lasciando il proprio segno. Ma è fuori dalla Ferrari che Piero ha potuto dimostrato tutto il piglio degno del cognome che porta, arrivando a sanare la Piaggio, a presiedere con successo la CSAI ed a trasformare la sua passione per la nautica in un’attività di successo.
Ma è fuori dalla Ferrari che Piero ha potuto dimostrato tutto il piglio degno del cognome che porta, arrivando a sanare la Piaggio ed a presiedere con successo la CSAI.
La propensione all’imprenditorialità ha avuto la sua acme nell’azienda da lui fondata a Modena, Hight Performance Engineering, fucina di talenti, ma soprattutto un’azienda volta a studiare soluzioni tecniche avanzate per l’industria motociclistica ed automobilistica.
A convalida delle sue attività imprenditoriali ha ricevuto la laurea honoris causa in ingegneria aerospaziale ed in ingegneria industriale meccanica onorificenze che lo avvicinano al padre considerato una montagna troppo alta da scalare