Inizio degli anni ‘20 del Novecento, c’è aria di fermento: il grande entusiasmo per il mito della modernità, anche esaltato dalla dilagante cultura futurista, portò una minoranza benestante a praticare il culto della velocità. Ci vuole un circuito, ma dove crearlo?
La proposta venne illustrata sulla stampa specializzata, per la prima volta, sul finire del 1920. “L’Automobil Club di Milano, raccogliendo una felice iniziativa del Moto Club di Gallarate, vorrebbe che il terreno delle competizioni automobilistiche si snodasse appunto nella classica brughiera di Gallarate” scriveva l’ingegner Bruno Sonnino sul giornale La Stampa Sportiva del dicembre 1920. Ebbene sì, due anni prima di Monza.
C’è da aggiungere che oggi associamo le corse automobilistiche a circuiti chiusi, ma agli albori degli anni Venti non era così: le competizioni più note si correvano ancora su strada. Il primo circuito chiuso del mondo, Brooklands nel Regno Unito, aveva aperto nel 1907, due anni dopo aveva aperto negli USA la pista di Indianapolis. Ma a parte questi due casi, non esistevano altri esempi di piste fisse.
Il progetto
In questo contesto ancora pionieristico s’inserì appunto la proposta del giornale La Stampa “perché nasca la pista automobilistica in Italia”. Insieme alla proposta di una pista nazionale, l’articolo della Stampa Sportiva sosteneva appunto una scelta geografica precisa, la “classica brughiera di Gallarate”, vale a dire quel terreno quasi incolto che si estendeva tra Gallarate – allora una delle quattro città principali della provincia di Milano, sede di sottoprefettura – e il Ticino.
Terreno poco produttivo dal punto di vista agricolo, ma per le stesse caratteristiche adatto ad un nuovo uso: “Anzitutto il terreno della notissima brughiera si presterebbe con la minima spesa sia alla costruzione che alla manutenzione della pista”, in quanto “compatto, lavorabile facilmente, molto impenetrabile e allo stesso tempo elastico”, in grado di rendere “facilissimi” i lavori di sterro e riporto, dunque la costruzione e la manutenzione.
Una zona ad alto interesse
C’era poi l’elemento favorevole della tradizione sportiva della zona, legata all’equitazione e al podismo, nonché un certo spirito pionieristico simboleggiato dagli aerei che – in brughiera – avevano appunto già trovato casa a fianco degli squadroni di cavalleria.
Anche gli sport di motori si erano già affacciati in zona, con il Circuito motociclistico “delle valli del Ticino”, «che nel 1920 fu prova unica di campionato italiano su strada» racconta Marco Brogioli, appassionato di motori e divulgatore, che sta lavorando a una rievocazione del Circuito per il centenario.
La corsa si era tenuta il 5 settembre, su un circuito di 22 km (da ripetere dieci volte) che da Gallarate portava a Cascina Malpensa, di qui su lungo rettilineo proseguiva sino all’incrocio sopra al ponte di Oleggio a Lonate Pozzolo, per poi rientrare su Gallarate passando da Lonate, Samarate e Verghera.
Forse anche gli incontri in quell’occasione avevano portato appunto l’Automobile Club di Milano a lanciare poche settimane dopo la proposta della pista automobilistica a Gallarate.
Da aggiungere – importantissimo – tra gli elementi a favore si citava anche la posizione sul confine tra Lombardia e Piemonte, baricentrica rispetto ai maggiori produttori di automobili in Italia (per citare alcuni: le torinesi Fiat e Lancia, le milanesi Alfa Romeo e Isotta Fraschini quest’ultima anche con fabbrica a Saronno; la genovese Ansaldo). E per questo La Stampa Sportiva contava sull’appoggio “del folto e simpatico gruppo dei «gentlemen» torinesi”.
Se allora l’auto era oggetto delle classi alte, certo non sfuggiva l’opportunità di fare dell’automobilismo uno sport di massa. Così che elemento di ulteriore sostegno all’ipotesi del “circuito di Gallarate” era anche la presenza di forniti mezzi di trasporto: il tram a vapore da Milano ma soprattutto la modernissima ferrovia elettrica Milano-Varese.
Con un pugno di mosche: i lavori si spostano a Monza
La storia di oggi ci dicono che le cose andarono diversamente dai primi intendimenti: tredici mesi dopo l’articolo della Stampa Sportiva, sul finire del febbraio 1922, iniziavano i lavori dell’autodromo di Monza, su terreni di proprietà dell’Opera Nazionale Combattenti.
Il circuito di Monza sarebbe stato inaugurato nell’agosto successivo. E quello di Gallarate è rimasto solo un sogno. Se ne andarono poi anche cavalli e cavalieri e la storia della zona rimase – da allora – legata soprattutto al mondo dell’aviazione e all’aeroporto.