Ricordando Emilio Villoresi, il fratello più piccolo di Luigi
Soprannominato Mimì, Emilio Villoresi è nato a Milano, ed era il fratello minore della stella della Maserati, Luigi Villoresi.
All’inizio della loro carriera, guidavano spesso insieme e parteciparono insieme alla Mille Miglia del 1935 e del 1936, alla guida di una Fiat 508CS Balilla Sport. Tuttavia, dopo risultati deludenti, acquistarono una Maserati 6CM che si alternarono a guidare in diverse gare. Con questa vettura, Emilio si classificò al 2° posto nel Circuito di Milano al Parco Sempione, dietro Carlo Felice Trossi su un’altra Maserati, e alla fine della stagione fu ingaggiato per guidare un’Alfa Romeo per la Scuderia Ferrari nella stagione 1937.
Emilio iniziò il 1937 con un ritiro alla guida di un’Alfa Romeo 6C 2300B MM Berlinetta Ghia con Eugenio Siena alla Mille Miglia. Alla Coppa Principessa di Piemonte, sul circuito stradale di Posillipo, Napoli, si classificò al terzo posto, alla guida di un’Alfa Romeo 2900A, dietro i compagni di squadra Giuseppe Farina e Clemente Biondetti, entrambi alla guida della più potente Alfa Romeo 12C-36. Un mese dopo, Emilio si classificò di nuovo al 3° posto nella prima edizione del Circuito della Superba a Genova, dietro i compagni di squadra Carlo Felice Trossi e Mario Tadini.
Nel 1938, quando le Frecce d’Argento tedesche dominavano tutte le competizioni di Gran Premio, Villoresi vinse la classe voiturette sia alla Coppa Ciano che al Gran Premio d’Italia. Nel maggio del 1939, si classificò al terzo posto dietro le ancora dominanti vetture Mercedes-Benz di Hermann Lang e Rudolf Caracciola, ma la sua carriera fu tragicamente interrotta il mese successivo dalla sua prematura morte durante un test con un’Alfa Romeo 158 Alfetta per Enzo Ferrari all’Autodromo Nazionale Monza.
La sua auto sbandò a sinistra tra la Curva Grande e la prima curva di Lesmo, schiantandosi violentemente contro un albero. Emilio fu sbalzato fuori e morì in un ospedale di Monza a causa delle ferite interne.
Dopo la sua morte, suo fratello continuò a correre per quasi due decenni, portando sempre l’orologio da polso di Emilio.
Nel 1989, Luigi affermò in un’intervista che l’incidente di suo fratello era stato causato dalla rottura del sistema di sterzo, cosa apparentemente confermata da un meccanico sconosciuto della Scuderia Ferrari vent’anni dopo la morte di Emilio.