Roland Ratzenberger: molto più di una morte prematura

Il nostro tributo è dedicato a Roland Ratzenberger, deceduto a Imola sabato 30 aprile 1994. Non riteniamo utile né necessario parlare della dinamica dell’incidente, né mantenerci rigidamente aderente agli schemi della scrittura giornalistica, perciò assumeremo un tono molto più libero e confidenziale.
Oggi, come 29 anni fa, è un week-end di gara. La Formula 1 è in Azerbaigian, a far sfrecciare i suoi bolidi sull’asfalto di un circuito in una città antica quanto il nostro pianeta. Nel 1994, invece, era a Imola e si stava realizzando il fine settimana più funesto della storia. Inutile ripetere le solite storie: il memoriale del 2014 per ricordare i 20 anni dalla morte di Ayrton Senna ha avuto un tale impatto mediatico e sono spuntati fior fiore di biografie, racconti che ormai ognuno, anche il più giovane o disattento dei fan, ha quantomeno un’infarinatura su questo episodio. Tuttavia ciò non vuol dire che non si debba più ricordare un pilota, anzi! È compito degli appassionati approcciarsi in modo poliedrico ai molteplici aspetti della psicologia di un pilota, analizzandoli uno ad uno, un poco alla volta, per delineare l’identikit e interiorizzarlo. È quello che ci piacerebbe fare spesso, sia se ci incuriosisce di nostra spontanea volontà, sia se sono le date a ricordarcelo.

Dunque, Roland Ratzenberger. Ci abbiamo messo un po’ ad arrivare alla parola-chiave, ma non potevamo fare altrimenti. Nessun alone di mistero sulla sua morte, solo una tragica fatalità, ben lungi dall’oscura fine di Ayrton l’indomani. Il suo incidente mortale ha avuto luogo nel giorno di mezzo del week-end di gara, prima della morte del tre volte campione del mondo e non c’era circostanza più adatta per far finire nell’ombra la sua morte, ma non nel dimenticatoio, intendiamoci. Non era inoltre dalla sua il fatto che in F1 fosse un rookie, per giunta al suo secondo GP ed è inevitabile che parlando di lui si faccia il nome di Senna ed è possibile che non accada il contrario.

Eppure non tutti sanno che il salisburghese della Simtek si era fatto un nome nel mondo del motorsport, che è un universo più ampio. Era conosciuto e rispettato, dopo essere entrato grazie al proprio talento nel Brands Hatch Formula Ford Festival, militando anche nella F3 inglese. Prese parte anche a un cardine del mondo dei motori: la 24 ore di Le Mans e la corse ben 4 volte, prima con Porsche e poi con Toyota. Non solo, si fece strada anche in Giappone, dove vinse alcune gare nel 1990 e nel 1991. Probabilmente l’esperienza che costruì ad Aida, gli permise di chiudere undicesimo nell’unico GP di Formula 1 che concluse. Ma questo, probabilmente, lo sanno in pochi.
Da ciò, sorge spontanea la domanda “Quali risultati avrebbe ottenuto in F1 se la morte non lo avesse fermato?”. Quanto grande sarebbe potuto diventare, quanto incolore si sarebbe potuto dimostrare, non lo sappiamo. Quello che sappiamo è il dato di fatto principale: la morte prematura. I latini, per esempio Virgilio nell’Eneide, reiteravano spesso il concetto di “immatura mors”, la morte appunto prematura, prima del tempo. Quale tempo? Il tempo giusto per far divenire atto le proprie potenzialità. Non tutti hanno questo privilegio, ed è per questo che riteniamo sempre necessario analizzare le esperienze dei piloti per individuare del potenziale prima di sminuirli, basandosi esclusivamente sui risultati ottenuti nel mondo crudele della F1.
Il nostro flusso di coscienza probabilmente potrà essere ritenuto privo di capo e di coda, lo concediamo. La sua finalità è infatti molto basilare: tenere alto il valore della memoria, è un’esortazione a meditare, a rivolgere un pensiero a Roland ma anche alla Formula 1 che sta vivendo tempi duri eppure piloti come lui avrebbero pagato oro per un livello di sicurezza pari a quello odierno pur di non morire. Punti di vista.