Rory Byrne: il genio del dettaglio
La stagione 2024 di Formula Uno ha avuto come prologo una serie di litigi all’interno della Red Bull che hanno portato il DT Newey a guardarsi in giro e fare le valigie. Le speranze di vederlo a Maranello sono state molto più di un sogno, poi tutto è sfumato. Mentre la Formula Uno vive questa tempesta perfetta, in Thailandia un personaggio curioso ha compiuto 80 anni. Il festeggiato è Rory Byrne, unico progettista in attività insieme a Newey, ad aver vissuto gli albori dell’effetto suolo. Byrne, molto spiritoso, si è spesso autodefinito un reperto archeologico di una Formula Uno di altri tempi, ma è anche l’unico superstite, ancora a libro paga della Ferrari, dei favolosi anni del dominio di Schumacher.
Al contrario dei suoi colleghi istrionici come Chapman, Forghieri, Murray, Byrne ha sempre evitato di essere un primattore riuscendo comunque a conquistare, dal 1999 al 2004, una serie di titoli che lo fanno entrare di diritto nell’empireo della Formula 1. Con una carriera universitaria eccezionale, il tecnico sudafricano ha conseguito la laurea in chimica in soli 3 anni. Il brillante futuro accademico è stato stoppato dalla sua passione crescente per il motorsport. Fin dagli inizi della sua carriera nelle corse, il tecnico sudafricano si è contraddistinto per la capacità di saper esaminare le vetture ed esaltarne le prestazioni, lavorando sui dettagli della struttura aerodinamica senza inventarsi nulla, ma rendendo perfetto quello che esiste già.
Il destino di Byrne cambia quando incontra i fratelli Toleman. I due fratelli, importanti imprenditori del mondo dei trasporti, avevano tanta voglia di creare un team di Formula 2. Il neonato team schiera una monoposto a effetto suolo e una vecchia March. Quest’ultima viene modificata da Byrne facendola diventare una vettura ala. Visti i buoni risultati ottenuti dalla March modificata, il titolare Mr. Toleman decide di costruirsi in casa le proprie monoposto. Nonostante i limiti regolamentari, Byrne riesce a creare una Formula 2 con un escamotage che permette di avere minigonne più basse e andare più veloci delle vetture avversarie.
Dopo aver vinto tutto in Formula 2, la Toleman decide di fare il grande salto e debuttare in Formula Uno. Con pochi fondi a disposizione, il tecnico sudafricano costruisce una Formula Uno intorno al timido motore Hart Turbo. Il primo anno l’unica soddisfazione è la qualificazione a Monza, mentre l’anno seguente, al GP di Gran Bretagna, la modesta Toleman, guidata magistralmente da Warwick, riesce a issarsi fino al secondo posto, prima di ritirarsi per la rottura di un semiasse.
A fine 1983, i piloti della Toleman riescono ad arrivare in zona punti (ricordiamo che in quegli anni il punteggio veniva distribuito solo ai primi sei classificati) e nel 1984, oltre ad avere una monoposto con un grande potenziale, la presenza di un debuttante come Senna attira l’interesse dei giornalisti e addetti ai lavori. Con Senna, la Toleman sfiora la vittoria a Monaco e ottiene diverse posizioni sul podio.
L’equipe tecnica riesce a valorizzare tutto il team e, quando viene venduto alla Benetton, Byrne continua il suo lavoro di sviluppo, arrivando a conquistare la prima vittoria del team in Messico nel 1986. Nonostante i numerosi meriti, un progetto sbagliato nella stagione 1989 provoca il suo licenziamento da parte del nuovo team principal Briatore, che gli preferisce Barnard. Il nuovo socio del team, Tom Walkinshaw, stanco del caratteraccio del tecnico inglese, richiama Byrne. Non appena arriva nel team, trova Brawn, un giovane tecnico con cui Byrne crea un sodalizio che porta alla creazione di monoposto che, nelle mani di Schumacher, conquistano due titoli mondiali e rendono la Benetton qualcosa di più di un semplice modo per reclamizzare maglioni.
Nonostante la passione per le corse, Byrne non disdegna di assaporare i piaceri della vita e, durante una vacanza in Thailandia, conosce un’insegnante di lingua thai, che diventerà sua moglie. Attratto dal paese, nel 1996 decide di abbandonare il mondo della Formula Uno e si ritira a Phuket, dove apre una scuola di sub. Quando Schumacher arriva in Ferrari, il tedesco chiama Byrne in Thailandia e lo invita a seguirlo a Maranello. Il richiamo della Rossa è irresistibile e, nel 1997, Byrne varca i cancelli di Maranello e mette le mani sulla Ferrari progettata dal dimissionario Barnard. Con le modifiche di Byrne, Schumacher riesce a contendere il titolo alla Williams fino all’ultima gara e, dopo una serie di piazzamenti d’onore, dal 2000 al 2004 le Ferrari progettate da Byrne non hanno avversari e vincono tutto.
Nel 2004 gli obiettivi del simpatico tecnico cambiano e decide di impegnarsi, insieme alla moglie, in una serie di affari immobiliari, che lo portano a distaccarsi quasi definitivamente dal mondo delle corse. Nel 2012 viene richiamato dal Cavallino per correggere la F2012 e nel 2022 coadiuva la progettazione della F1-75, una monoposto che ha riportato la Ferrari a lottare per il titolo. Visti i risultati, la Ferrari decide di rinnovargli il contratto di super consulente per validare le linee guida della monoposto di nuova generazione che correranno dal 2026.