
Per Schumacher non ci sarebbero state possibilità di contrastare Senna, secondo Berger
È un tema destinato a scatenare dibattiti infiniti quello della rivalità tra Ayrton Senna e Michael Schumacher e della piega che avrebbe preso la stagione 1994 senza i tragici fatti di Imola. La celebrazione del 60esimo anniversario dalla nascita del campione brasiliano, ricorsa lo scorso 21 marzo, ha riportato la memoria alle celebri gesta di Ayrton, su tutte la vittoria sofferta di Interlagos ’91 e le magie del ’93, quando con una McLaren motorizzata Ford il verdeoro infilò ben cinque assoli davanti alle imprendibili Williams-Renault.
Ma i ricordi sono finiti, inevitabilmente, anche su quel maledetto primo scorcio del tragico ’94, la stagione che vide Senna piombare nell’incubo proprio a bordo della monoposto di Sir Frank che con tanto zelo aveva cercato di assicurarsi nelle stagioni precedenti.

UN FEELING MAI SBOCCIATO
Ayrton debuttò sulla Williams FW16 nel gennaio del ’94, in una stagione cruciale sotto il profilo tecnico, dal momento che, nell’auspicio di spezzare il monopolio delle macchine di Didcot (l’allora sede della Williams), la FIA aveva varato l’abolizione delle sospensioni attive che avevano messo le ali a Nigel Mansell e Alain Prost nelle due stagioni precedenti. Il team di Sir Frank, che si avvaleva di Adrian Newey come capotecnico, dimostrò di accusare il colpo, sfornando una vettura instabile e difficile da mettere a punto.
I test evidenziarono da subito le carenze della monoposto, cui Senna seppe mettere però una pezza siglando la pole position nel GP inaugurale di Interlagos. Ma sulla lunga distanza, i limiti della FW16 emergevano impietosamente, tanto che alle pole di Senna siglate in Brasile e in Giappone seguirono due mesti ritiri, a beneficio di Schumacher e della Benetton che si presentarono dopo due appuntamenti a punteggio pieno.
Il resto è storia tragicamente nota. La scomparsa del brasiliano ha cambiato il corso della F1 targata anni Novanta, sia sotto il profilo sportivo che su quello legato alla sicurezza, che dalle stagioni successive divenne un punto sempre più centrale. In molti hanno pensato a come sarebbe andata senza la scomparsa del brasiliano, che militava nella migliore squadra del lotto, pur se in un momento assai critico. Secondo Gerhard Berger, non ci sono dubbi: visto l’andamento della Williams fino al ’97, gli anni Novanta sarebbero stati monopolizzati dal binomio Senna-Williams, se non ci fosse stata Imola.

AYRTON DI UN ALTRO LIVELLO
In un’intervista rilasciata al tabloid Kicker, l’austriaco, all’epoca in forza alla Ferrari, ha dato la sua versione di quello che sarebbe accaduto: “Ayrton aveva dei problemi con la Williams, che era instabile aerodinamicamente. Ma la soluzione era una questione di tempo, perché da Barcellona, Newey avrebbe portato un pacchetto nuovo. Di certo, Ayrton avrebbe dovuto soffrire fino a Montecarlo, ma là non lo batteva nessuno e anche su una monoposto poco competitiva avrebbe vinto. Da Barcellona in poi, la Williams di quell’anno dimostrò una grande competitività e non ci sarebbe più stata trippa per gatti: avrebbe dominato Ayrton“.
In effetti, il GP corso in terra catalana fu una sorta di crocevia per il team di Sir Frank, che siglò quel giorno la prima vittoria del ’94 con Damon Hill, pur beneficiando dei guai al cambio occorsi sulla Benetton B194 di Schumacher. “Ayrton avrebbe segnato un’era con la Williams. La macchina era talmente superiore e lui così forte che avrebbero ammazzato i campionati. Magari avrebbero danneggiato lo sport, perché qualcuno si sarebbe chiesto se valesse la pena accendere la TV per guardare le corse”.
“Ora Senna avrebbe 7 o 8 titoli e di sicuro Schumacher non deterrebbe i suoi record. Michael avrebbe avuto difficoltà ad avvicinarsi ad Ayrton, non avrebbe avuto il materiale a disposizione per farlo. Consideriamo che Senna avrebbe monopolizzato questo sport almeno fino al ’97, quando avrebbe compiuto 37 anni”.
Secondo Berger, Senna avrebbe potuto ambire anche a una carriera politica: “Me lo immagino come presidente del Brasile: ci sarebbe arrivato. Era già molto focalizzato sulla politica, con la fondazione rivolta ai bambini. E poi, il giorno del suo funerale parteciparono decine di migliaia di persone. Aveva tutto un Paese dietro di sé. E soprattutto, disponeva di ogni qualità”.