Silverstone 1973, la carambola che spezza il sogno di De Adamich
Dici “carambola” e la mente va subito al crash di Spa 1998, con tredici vetture falcidiate in un groviglio tra i più spettacolari e per fortuna incruenti di tutti i tempi. Chi ha però una memoria più longeva ricorderà quanto accaduto venticinque anni prima, in quello che rimane uno dei più terribili incidenti multipli della Formula 1 pionieristica targata anni Settanta. L’anno è il 1973, il teatro Silverstone. Scordatevi il circuito attuale che alterna curve veloci a sezioni lente e guidate, con vie di fuga in asfalto. La versione degli anni Settanta era un velocissimo alternarsi di curvoni veloci ad ampio raggio misti a lunghi rettilinei, con vie di fuga inesistenti.
1973, dicevamo. Un anno di snodo per il Circus. È la stagione di congedo per Jackie Stewart, che a ottobre appenderà il casco al chiodo rinunciando a correre quella che sarebbe stata la 100esima e ultima gara della carriera. Il motivo è presto detto: il giorno prima perse la vita l’amico François Cevert, in uno dei tanti drammi della Formula 1 di allora. Abbastanza per convincere Jackie, con una moglie e due figli, a dire basta.
È anche l’anno in cui un giovane sudafricano, Jody Scheckter, si affaccia al grande Circus. Avrà una splendida carriera, con punto di culmine il titolo con la Ferrari nel 1979, l’ultimo prima del lungo digiuno rosso di 21 anni, non senza qualche soddisfazione pure con la Wolf. Nel 1973, però, Jody è un novellino e in tanti lo guardano con scetticismo, come del resto si faceva per ogni new entry. E proprio a Silverstone, l’Olimpo del motorismo britannico, Scheckter dà prova di tutta la sua inesperienza.
All’ultima curva del giro iniziale, la Woodcote, il sudafricano mette le ruote sull’erba, sbanda, sbatte contro il muretto dei box con la sua McLaren che rimbalza a centro pista. È il caos. Undici vetture finiscono coinvolte, mentre sulla pista si alzano rottami e nubi di fumo. Ad avere la peggio sarà Andrea De Adamich: con la sua Brabham BT42, il pilota triestino prima urta la BRM di Beltoise, anch’egli coinvolto nel crash, poi sbatte contro il guard rail. I tempi per estrarlo dalla monoposto sono infiniti: quasi un’ora, con i soccorritori che devono pure tagliare il telaio con una forbice ad aria compressa mentre il pilota è sotto morfina per sopportare il dolore.
Impietoso è pure il referto medico: fratture alle gambe e tagli vari ai muscoli, tali da costringerlo a una lunga riabilitazione, che di fatto lo costringe all’addio alla massima formula. Un episodio che è rimasto ben impresso nei ricordi di De Adamich, che ne parla ancora oggi con dovizia di particolari. “Silverstone all’epoca non aveva chicane, e la Woodcote si affrontava in pieno a 280 all’ora. Scheckter fece un errore e si girò fermandosi in mezzo alla pista, e tra i rottami non si vedeva più nulla. Alcuni lo evitarono, ma per pura fortuna, mentre io e molti altri andammo a sbattere” ha raccontato De Adamich lo scorso anno a Motorsport.com.
“Fu dura, dovetti stare a letto per settimane col gesso, ma imparai ad accettarlo. Due settimane dopo morì bruciato vivo Roger Williamson, in Olanda. Proprio Williamson, che dall’incidente di Silverstone era uscito invece illeso, nonostante avesse distrutto la macchina più di tutti”. Eloquenti sono anche le parole di De Adamich su Scheckter: “Prima di quell’incidente eravamo amici. Poi non mi ha mai più parlato, né telefonato. Nemmeno per chiedermi come stavo”.
Per la cronaca, la corsa sarà vinta dall’americano Peter Revson, al primo successo in carriera, davanti a Ronnie Peterson. Due piloti su cui pende un destino tragico: Revson morirà l’anno dopo in un collaudo a Kyalami, Peterson perderà la vita a Monza ’78. Era la tragica legge della Formula 1 targata Seventies. Terzo chiude Denny Hulme, davanti a Hunt, Cevert e Reutemann. Ma la notizia più grande di quel giorno è il dramma scampato, in un’annata infelice quanto a tragiche perdite. Due settimane più tardi, in Olanda, perderà la vita Roger Williamson tra i mancati soccorsi (ad eccezione dell’eroico David Purley) in una delle pagine più nere del Circus iridato.
Silverstone 1973: LA CLASSIFICA
Pos | No | Pilota | Team | Tempo | Giri | Griglia | Punti |
---|---|---|---|---|---|---|---|
1 | 8 | Peter Revson |
McLaren | 01:29:18.500 | 67 |
3 |
9 |
2 | 2 | Ronnie Peterson |
Lotus | 01:29:21.300 | 67 |
1 |
6 |
3 | 7 | Denny Hulme |
McLaren | 01:29:21.500 | 67 |
2 |
4 |
4 | 27 | James Hunt |
March | 01:29:21.900 | 67 |
11 |
3 |
5 | 6 | François Cevert |
Tyrrell | 01:29:55.100 | 67 |
7 |
2 |
6 | 10 | Carlos Reutemann |
Brabham | 01:30:03.200 | 67 |
8 |
1 |
7 | 19 | Clay Regazzoni |
BRM | 01:30:30.200 | 67 |
10 |
0 |
8 | 3 | Jacky Ickx |
Ferrari | 01:30:35.900 | 67 |
19 |
0 |
9 | 25 | Howden Ganley |
Iso Marlboro | +1 lap | 66 |
18 |
0 |
10 | 5 | Jackie Stewart |
Tyrrell | +1 lap | 66 |
4 |
0 |
11 | 15 | Mike Beuttler |
March | +2 laps | 65 |
24 |
0 |
12 | 21 | Niki Lauda |
BRM | +4 laps | 63 |
9 |
0 |
13 | 28 | Rikky von Opel |
Ensign | +6 laps | 61 |
21 |
0 |
RIT | 11 | Wilson Fittipaldi |
Brabham | Oil leak | 44 |
13 |
0 |
RIT | 1 | Emerson Fittipaldi |
Lotus | Transmission | 36 |
5 |
0 |
RIT | 29 | John Watson |
Brabham | Fuel system | 36 |
23 |
0 |
RIT | 12 | Graham Hill |
Shadow | Chassis | 24 |
27 |
0 |
RIT | 22 | Chris Amon |
Tecno | Fuel system | 6 |
29 |
0 |
RIT | 30 | Jody Scheckter |
McLaren | Collision | 0 |
6 |
0 |
RIT | 23 | Mike Hailwood |
Surtees | Collision | 0 |
12 |
0 |
RIT | 31 | Jochen Mass |
Surtees | Collision | 0 |
14 |
0 |
RIT | 24 | Carlos Pace |
Surtees | Collision | 0 |
15 |
0 |
RIT | 20 | Jean-Pierre Beltoise |
BRM | Collision | 0 |
17 |
0 |
RIT | 9 | Andrea de Adamich |
Brabham | Collision | 0 |
20 |
0 |
RIT | 14 | Roger Williamson |
March | Collision | 0 |
22 |
0 |
RIT | 16 | George Follmer |
Shadow | Collision | 0 |
25 |
0 |
RIT | 17 | Jackie Oliver |
Shadow | Collision | 0 |
26 |
0 |
RIT | 26 | Graham McRae |
Iso Marlboro | Throttle | 0 |
28 |
0 |
RIT | 18 | David Purley |
March | Spun off | 0 |
16 |
0 |