Stefano Modena, un campione mancato
Molti lo rimembrano solo per quella corsa nel Principato, ma Stefano Modena è stato molto, molto di più.
Vincente per natura in tutte le categorie, tranne quella regina. Velocissimo, ma sempre accompagnato dalla fama di un carattere non facile. Un talento vero, in poche parole.
Stefano Modena nasce il 12 maggio 1963 a Modena – nomen omen – ma trascorre l’infanzia in provincia, più precisamente a San Prospero. Spinto dal padre a correre sui kart, inizia già da subito a farsi notare, diventando campione del mondo juniores a soli 15 anni, campione italiano nel 1981 e campione europeo due anni più tardi.
Nei primi anni “da corsa” conosce diversi avversari da tutto il mondo, tra cui un brasiliano che farà strada, Ayrton Senna. Lo stesso Stefano commenta così sulle pagine di AutoSprint in un intervista del 2014:
La prima volta nel ’76, in un mondiale karting all’Estoril, poi a Jesolo, io 1° lui 2°. Sì, abbiamo litigato. In una gara lo spintono per innervosirlo, ma lui vince. Alla bilancia mi fa: “Sei un bastardo, uno stronzo”. E io da ignorante: “Sbagli”. Sai cosa? Lo rifarei. Perché c’era invidia che fosse così veloce. Poi ’sta cosa è sparita. Batterlo mi ha guarito. È la vita a essere così.
Come uno scherzo del destino le loro carriere avranno rette parallele, che si intrecceranno più volte, ma con esiti differenti, lo vedremo più avanti.
Ma torniamo allo Stefano ragazzo: nel 1985 è impegnato in Formula 3 e l’anno seguente conquista la European Cup a Imola. Nel 1987 debutta invece in Formula 3000, diventando subito campione intercontinentale davanti allo spagnolo Luis Pérez-Sala e al brasiliano Roberto Moreno.
Da qui si aprono le porte della Formula 1: le sue prestazioni attraggono anche Enzo Ferrari oltre che la stampa specializzata, che lo paragona a Senna e Villeneuve.
Nonostante stima e simpatia reciproca non c’è mai stata una proposta concreta da parte della Ferrari. Ma forse è stato un bene che non ci sia mai andato. Penso che i successi più belli sono quelli che arrivano in squadre competitive e preparate, anche piccole ma al top. All’epoca, parliamo di fine anni Ottanta, la Ferrari – senza voler offendere – era una squadra un po’ sbandata. Non c’era una guida salda come quella, anni dopo, di Jean Todt e di Ross Brawn. E se non si è ben supportati è difficile emergere. Sono sicuro: per me sarebbe stato un disastro, una catastrofe.
Stefano debutta quindi giovanissimo con la Brabham in Australia, nell’ultima gara del 1987. È una monoposto difficile e scorbutica, termina al 15° posto le qualifiche ed è costretto al ritiro al 31° giro, eppure convince subito tutti.
L’anno dopo il team di Bernie Ecclestone si prende un periodo di pausa e Stefano trova posto all’Eurobrun. La monoposto è praticamente una Formula 3000, per nulla competitiva. In Canada Modena potrebbe finire sesto, ma il resto della stagione fatica anche a qualificarsi. Ottiene come miglior piazzamento un undicesimo posto in Ungheria, e dimostra di essere decisamente più veloce del compagno argentino Oscar Larrauri.
Nel 1989 la Brabham torna nel Circus e decide di ingaggiarlo per tutto l’anno: il pilota emiliano non delude le attese, conquista risultati migliori di Brundle e ottiene a Montecarlo (terzo) l’ultimo podio della storica scuderia britannica. Si tratta però di un fuoco di paglia, la monoposto va in calando e l’anno dopo crolla nelle prestazioni.
Il 1990 non è una grande stagione per la Brabham, ma nonostante questo continua a farsi notare, riuscendo a portare a casa un brillante quinto posto negli USA e a fare meglio dei colleghi David Brabham e Gregor Foitek.
L’anno migliore per Stefano Modena è senza dubbio il 1991, quando si trasferisce alla Tyrrell al posto di Jean Alesi. L’inizio della stagione è fantastico: è secondo in prova a Montecarlo, nel giorno del suo 28° compleanno. In gara resta sulla scia di Senna, che dalla pole rimane in testa: il suo distacco non supera i 3 secondi fino al doppiaggio di alcuni piloti che fanno aumentare la distanza a circa 8 secondi.
I suoi sogni di gloria finiscono con una gran fumata: il motore Honda cede di schianto al giro 43. Ed ecco lo sliding doors. Quel giorno poteva vincere: la McLaren soffriva di grossi problemi al cambio e se avesse continuato a mettergli pressione l’exploit era possibile.
Stefano si riscatta comunque al GP successivo a Montreal, dove è secondo dietro Piquet. Nel contempo la situazione della scuderia non è florida, e non segnerà altri risultati degni di nota. Finisce all’ottavo posto in classifica generale, e si sbarazza del compagno di scuderia Nakajima.
Per il 1992 Modena – nonostante Ken Tyrrell lo sconsigli – va in Jordan: è un disastro. Tanti problemi col team, poca competitività, a causa del passaggio dai motori Ford Cosworth a quelli Yamaha, e un solo punto in Australia, in quella che si rivela l’ultima gara di Stefano: chiude là dove aveva iniziato, ad Adelaide.
Dopo l’avventura in F1 Stefano Modena inizia a correre nei campionati turismo italiani e tedeschi. Diverse vittorie, anche al debutto, con la grandiosa Alfa Romeo 155. Chiuderà definitivamente la carriera nel 2000 in DTM, con una Opel Astra Coupé, gestita dall’Euroteam.
Da più di vent’anni anni l’emiliano lavora come collaudatore per la Bridgestone: il suo compito è quello di collaudare gli pneumatici stradali della Casa giapponese, e lo fa in diversi parti del mondo.