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Taxi F1, una dose di umanità e sopravvivenza

Il Taxi, tutt’altro che uno sconosciuto. Un mezzo di trasporto comodo e diffuso, utilizzato da alcuni con predilezione, da altri per semplice necessità. In extremis. Una pratica comune in tutto il mondo, per professione innanzitutto, spesso, informalmente per cortesia, per amicizia, per semplice premura.

In un luogo, basta avere lo stesso genere di componenti affinché si possano creare le condizioni per assistere a tale usanza. Una strada, una persona in attesa, un mezzo passante che, all’occorrenza, può divenire il taxi di turno. Una pista, un pilota appiedato, un altro accorrente che offre per garbo, gentilezza, un normale strappo al collega. Un gesto di umanità, una manifestazione assoluta di normalità, che fa sorridere, riscalda l’animo. Avvicina alla gente una realtà inaccessibile, sempre più, quale è la Formula 1.

Un evento comunque raro, per frequenza di accadimento, per questo speciale. Un momento simpatico, dove la tensione si scioglie, l’astio si dissolve. Un istante dominato dall’essere umano che, sebbene nelle vesti di pilota, torna un semplice individuo, svestito idealmente della, quella, conformità professionale. Più di tutto, un furbetto che coglie l’occasione per tornare più velocemente all’ovile.

Seppur rari, sono tanti gli episodi, l’ultimo avvenuto nel 2017 quando Sebastian Vettel elesse la transitante Sauber-Ferrari di Pascal Wehrlein quale taxi malese. Un giro a cavallo di un mostro da oltre 800 cavalli, una passeggiata tranquilla all’aria fresca. Un improvvisato tassista che trasporta con cautela, ma con sfizio, un collega intento al plateale saluto alle tribune.

Sebastian Vettel Pascal Wehrlein GP malesia 2017
© Shutterstock

Con casco, senza casco, il sorriso è immancabile. Anche quando smorfiato dall’aria in viso giunge intatto a tutti gli assistenti di simil teatrino. Come accadde ad Hockenheim ’97, un centauro improvvisato, rispondente al nome di Giancarlo Fisichella. Si ritrovò a cavalcioni sul cofano motore di una vettura rossa. Col casco in mano, con la chioma al vento, in barda a tutte le questioni sulla sicurezza. Come fosse alla conduzione di un quad, con Michael Schumacher semplice manubrio idealmente guidato dalla sua volontà.

gp germania 1997 fischella e schumacher
© LAT Images

Come accadde ai tempi di Ayrton Senna da Silva e Nigel Mansell, i soggetti dell’opera pittorica a corredo ritraente il brasiliano avvinghiato all’air-scoop della Williams dell’inglese. Era il GP di Gran Bretagna 1991. Due pesi massimi del periodo, sovente in lotta in pista, divisi da innumerevoli duelli al volante a visiera abbassata. Divisi, in lungo ed in largo, sugli spalti di ogni dove. Uniti in una manifestazione di cameratismo, nonché, in una trasfigurazione di stima reciproca.

silverstone '91
© Getty Images

Fenomeno che nasce principalmente negli anni ’50 e ’60, quando i piloti, coinvolti in incidenti o guasti durante le gare, non avevano altra scelta che fermarsi e chiedere un passaggio per tornare al paddock o al punto di partenza. Era un periodo in cui la tecnologia e l’infrastruttura delle competizioni non erano sviluppate come oggi, e l’auto da corsa non sempre garantiva la possibilità di risolvere un guasto sul posto.

Uno degli episodi più celebri risale al Gran Premio di Monaco del 1967. In quell’occasione, il pilota britannico Jackie Stewart, rimasto senza benzina mentre era in testa alla gara, fu aiutato dal compagno di squadra Graham Hill, che gli diede un passaggio fino ai box per rifornirsi. Questo gesto di sportività è diventato leggendario nella storia della Formula 1.

In questo si scorge il bello dello sport. Il latente connubio tra il mix di emozioni e passioni agonistiche con i nobili principi sul quale si fonda. La condivisione, la lealtà, il rispetto, il saper vincere, il saper perdere. Il prenderla con filosofia e leggerezza, quantomeno ogni tanto, in nome dello spirito di aggregazione. Un insieme di significati distinguibili con nitidezza anche attraverso lo spettacolo Taxi F1.

Potete riviverle attraverso quest’album, con una carrellata di foto dagli anni sessanta fino ai giorni nostri.

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Giuseppe Lapietra

Classe '90, tante esperienze lavorative alle spalle, ma una sola passione, quella dei motori. Arriva tardivamente a conoscere la Formula 1, chiedendosi poi perché non l'abbia conosciuta prima. Il lato amarcord lo scopre quasi per scherzo grazie a una pagina FB che fonda assieme ad un amico, restandole ammaliato. Guarda comunque al futuro! Si diletta nella fotografia, e strizza un occhio anche alla tecnologia.

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