Tazio Nuvolari: all’uomo più veloce l’animale più lento
Riviviamo la storia di uno dei piloti più importanti d’ogni tempo del nostro paese. Tazio Nuvolari: una vita vissuta al limite e iniziata a Castel d’Ario, in provincia di Mantova, nel 1892.
Quarto figlio di Elisa Zorzi, di origine trentina e Arturo Nuvolari, agricoltore benestante, Tazio era un ragazzo vivacissimo che non amava molto lo studio, ma era attratto dal dinamismo delle discipline sportive.
Il padre correva in bicicletta, così pure lo zio Giuseppe, più volte campione italiano di ciclismo e buon pilota di sidecar.
Il piccolo Tazio era molto legato affettivamente allo zio, passione e ammirazione che ben presto fecero crescere, in lui la passione per le moto e per l’automobilismo.
Dall’esercito alle moto
Nel Settembre 1904 Nuvolari assistette, per la prima volta a una corsa automobilistica dove rimase fortemente impressionato dalla velocità. Passarono gli anni e scoppiò la prima guerra mondiale, Tazio fu costretto ad arruolarsi come autista di autoambulanze e addetto al trasporto truppe.
Si racconta che durante i suoi anni nell’esercito, Nuvolari finì fuori strada mentre tornava con una camionetta all’accampamento, distruggendola completamente. Finì a rapporto dal superiore che gli disse: “Lascia perdere Tazio, l’automobilismo non fa per te!“.
Tazio venne congedato due mesi più tardi e decise di trasferirsi a Milano in cerca di fortuna. Nel capoluogo conobbe Carolina Perina, che sposò con cerimonia civile; rito inconsueto all’epoca e considerato quasi scandaloso. L’anno seguente nacque il suo primo figlio: Giorgio e contemporaneamente ottenne la licenza di pilota. La prima gara ufficiale arrivò il 20 giugno 1920 a Cremona, sul Circuito Internazionale Motoristico, mentre il 20 marzo 1921 vinse la sua prima gara a Verona.
Nel motociclismo vinse 69 gare, 1 titolo di Campione d’Europa nel 1924, 2 titoli di Campione d’Italia nel 1924 e nel 1926, e 3 primati internazionali di velocità, la maggior parte con una Bianchi “Freccia Celeste” da 350cc. I successi di Nuvolari lo fecero diventare rapidamente molto popolare in Italia, dove venne soprannominato “Il campionissimo delle due ruote”
L’incontro con Ferrari
Ma la consacrazione di quello che sarà per sempre conosciuto come “il mantovano volante” avvenne in campo automobilistico. Era il 1923 e Nuvolari aveva già 31 anni, questo non fermò il pilota mantovano che iniziò a correre con più assiduità. In sei mesi prese parte a 28 gare, 24 in moto e 4 in auto.
Nel febbraio 1924 incontrò a Modena, Enzo Ferrari, anch’egli pilota e non ancora fondatore della Scuderia del Cavallino. “Il mio primo incontro con Nuvolari, risale al 1924. Fu davanti alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe, sulla strada ravennate, dove avevano sistemato i box per il secondo Circuito del Savio. Alla partenza, ricordo, non avevo dato troppo credito a quel magrolino, ma durante la corsa mi avvidi che era l’unico concorrente in grado di minacciare la mia marcia. Io ero sull’Alfa 3 litri, lui su una Chiribiri (la cui cilindrata era di 1486 cm cubici contro i 2994 della RL Sport di Ferrari, ndr). E in quest’ordine tagliammo il traguardo. La medesima classifica si ripeté poche settimane dopo al Circuito del Polesine…“. Così Enzo Ferrari nelle sue memorie.
Il provino con l’Alfa
Nel 1925, Nuvolari corse soltanto con le moto, ma lasciando qualche intermezzo automobilistico di tutto rispetto. L’1 settembre, invitato dall’Alfa Romeo, prese parte a una sessione di prove a Monza, alla guida della famosa P2, la monoposto progettata da Vittorio Jano e dominatrice della stagione precedente. La “Scuderia del Biscione” era alla ricerca di un pilota che potesse sostituire Antonio Ascari, deceduto un mese prima durante un gran premio in Francia. Nuvolari percorse cinque giri rivelandosi più veloce di Campari e Marinoni e avvicinandosi al record stabilito da Ascari l’anno prima. Poi, al sesto giro uscì di pista. “Le gomme erano quasi a zero e a un certo punto mi si disinnestò la marcia” questo il commento di Nuvolari. Macchina distrutta e pilota ferito, ma dodici giorni più tardi, ancora dolorante, Tazio tornò a Monza, dove vinse il Gran Premio delle Nazioni in sella alla sua Bianchi 350.
L’anno successivo, il 1925, Tazio fu assunto dalla scuderia Alfa Romeo, in sella ad una moto detta P2. Tazio in quell’anno, anche dopo rovinose uscite di pista vinse il GP delle nazioni. Nel 1926 con la leggendaria “Freccia Celeste”, Nuvolari vinse tutto ciò che c’era da vincere.
Dalle moto alle auto
Ma l’automobile non gli uscì dal cuore. E ci riprovò, implacabile, nel 1927, anno in cui con una Bianchi Tipo 20 disputò la prima edizione della Mille Miglia, arrivando al decimo posto assoluto.
Fu tra il 1927 e il 1928 che Tazio decise di puntare con piena determinazione sull’automobile, fondando a Mantova la Scuderia Nuvolari dove acquistò quattro Bugatti, vendendone una all’amico e rivale delle due ruote: Achille Varzie e una a Cesare Pastore. L’11 marzo 1928, nove giorni dopo la nascita del suo secondo figlio, Alberto, Tazio vinse il gran premio di Tripoli conquistando così il suo primo grande successo internazionale.
Nel 1930, arrivò un momento critico per la carriera del pilota mantovano: l’attività agonistica gestita in proprio divenne onerosa, facendo saltare l’accordo con Varzi.
L’anno della svolta
I successi con la scuderia milanese
Nel 1930, l’Alfa Romeo, decise di puntare nuovamente su Nuvolari dopo il disastroso provino di Monza. Vittorio Jano non si dimenticò del pilota italiano e lo contattò offrendogli una macchina ufficiale: la 6C 1750 GS “testa fissa” pronta per partecipare alla Mille Miglia.
Nuvolari fece impazzire mezza Italia: vincendo la grande corsa con una media di 100 chilometri orari su un totale di 1600. Ma la gara fu, ed è tuttora ricordata per un episodio curioso, secondo il quale; Nuvolari avrebbe raggiunto il suo grande rivale Varzi, partito dieci minuti prima di lui, guidando negli ultimi chilometri a fari spenti. La storia sembra più una leggenda, ma lo stesso Nuvolari non smentì mai, anzi sapeva bene che la leggenda a volte «vale» più della storia.
Il passaggio con la Ferrari
Sempre lo stesso anno entrò a far parte della neonata Scuderia Ferrari, dove Nuvolari ottenne la prima vittoria, nella Trieste-Opicina, con l’Alfa Romeo P2. Ma arrivò l’addio alla moto, non senza cogliere gli ultimi quattro successi fra cui con la Bianchi 350 davanti anche a tutte le 500.
L’anno seguente spiccano le sette vittorie assolute nella Targa Florio, nel gran premio d’Italia, la Coppa Ciano.
Il 1932, fu una stagione trionfale: il “mantovano volante” partecipò a 16 corse, 7 vittorie assolute, tra cui la Targa Florio, i gran premi di Monaco, Italia e Francia, poi la vittoria sul circuito di Avellino, la Coppa Ciano, Coppa Acerbo. Poi inoltre: 3 secondi posti, 3 terzi, 1 quarto, 1 sesto e 1 ritiro nella Mille Miglia, per un incidente. Fu campione italiano assoluto e primo nel Campionato Automobilistico Internazionale, basato sui GP d’Italia, Francia e Germania.
D’Annunzio e la tartaruga
La popolarità di Tazio era ai vertici, così il 28 aprile, undici giorni dopo il trionfo di Montecarlo, lo ricette al Vittoriale e gli regalò una piccola tartaruga d’oro con la seguente e storica dedica: “All’uomo più veloce l’animale più lento”. Per Nuvolari, questo divenne il suo amuleto ma anche un simbolo. La tartaruga divenne il suo segno identificativo, la appuntò alla maglia gialla in corsa e la fece stampare sulla carta da lettere, dipingere sulla fiancata del suo aereo personale e anche riprodurre in alcune copie che regalò agli amici, e alle persone care.
Nuvolari e il Duce
A questo punto Mussolini non volle essere da meno, invitandolo a Roma, a Villa Torlonia e facendosi fotografare al volante della vittoriosa Alfa Romeo P3 numero 8.
Il divorzio dalla Ferrari
Nel 1933 dopo avere infilato una serie di magnifiche vittorie tra cui la 24 Ore di Le Mans in coppia con Raymond Sommer, Nuvolari divorziò clamorosamente dalla Scuderia Ferrari, riprovando a mettersi “in proprio”. Con la Maserati, modificata e adattata secondo le sue istruzioni dal suo meccanico personale Decimo Compagnoni vinse tre gare, ma poi arrivò il brutto incidente, a San Sebastiano.
L’anno successivo venne cambiato il regolamento fissando il peso limite a 750 kg.;soluzione che avrebbe dovuto rallentare la corsa ai pericolosi aumenti delle potenze dei motori.
Entrarono in scena i tedeschi con la neonata Mercedes-Benz e la Auto Union che ben presto iniziarono a dominare la scena prevalentemente dominata dagli italiani.
Il team Nuvolari
Il team di Nuvolari, cominciò a risentire l’arrivo delle tedesche e oltre a “fare squadra” a sé iniziò anche ad utilizzare macchine non sempre competitive. Poi il 22 aprile, Nuvolari subì, ad Alessandria, uno dei più gravi fra i suoi incidenti di corsa, ma dopo un mese fu di nuovo in pista senza però brillare a causa della gamba sinistra ancora convalescente. Si riprese verso il termine della stagione, tornando a vincere diverse gare.
O sole mio
Intanto partirono le trattative per passare alla squadra tedesca della Auto Union, ma il trasferimento non avvenne, addirittura la Casa dei quattro anelli assunse Achille Varzi, così Nuvolari decise di far la pace con Enzo Ferrari, tornando a difendere i colori della Scuderia e vincendo subito diverse gare con una versione della P3 potenziata e modificata dalla stessa Scuderia Ferrari, ma soprattutto vinse il gran premio di Germania sulla lunga pista del Nürburgring.
Nuvolari si impose guidando un’Alfa Romeo nettamente inferiore alle potenti vetture tedesche rimontando e recuperando i 30 secondi che lo dividevano dalla testa della gara dopo una problematica sosta per il rifornimento di benzina.
Davanti ai nazisti alterati, Nuvolari portò dall’Italia un Tricolore nuovo fiammante che fece issare sul pennone più alto durante la cerimonia di premiazione. Si dice che gli organizzatori, non trovando il disco dell’attuale inno Italiano all’epoca lo sostituirono con quello di “‘O Sole mio”.
Ancora un incidente
Nel 1936, dopo l’ennesimo incidente a Tripoli con la sospetta incrinatura di un paio di vertebre, Nuvolari si riprese la notorietà battendo ancora i tedeschi a Barcellona, Budapest e a Milano battendo l’avversario numero uno: Achille Varzi con la Auto Union. La stagione si concluse con la consacrazione in terra americana grazie alla vittoria nella Coppa Vanderbilt. Arrivò l’annata NO con la scomparsa del figlio primogenito Giorgio e con questo anche le prestazioni.
Poi nel 1938 l’Alfa Romeo mise in pista la nuova 308, Nuvolari provò la nuova vettura che si incendiò, si salvò con non poche ferite ed ustioni. In ospedale Tazio meditò a lungo, poi annunciò il suo ritiro dalle corse. Decise quindi di provare delle nuove emozioni negli Stati Uniti, ma quando tornò in Europa venne contattato dalla Auto Union.
Auto Union
Nuvolari firmò e tornò in pista trionfando in Italia e in Inghilterra, dopo aver investito un cervo durante le prove. La testa del cervo gli fu poi regalata diventando un trofeo e venne appesa imbalsamata sulla porta d’ingresso del suo studio.
Nel 1939 arrivò qualche vittoria, ma alle porte c’era lo scoppio della seconda guerra mondiale.
La guerra non ferma Tazio
Nel 1946, il pilota mantovano è invecchiato, stanco e la morte, pure per malattia, del secondo figlio, Alberto fece cadere Nuvolari in un circolo di disperazione, che tentò di dimenticare aggrappandosi alle corse.
Ma Nuvolari rimase sempre il vero combattente che tutti conoscevano, non vinse più come prima, ma il 3 settembre, a Torino, disputò la Coppa Brezzi. Al primo giro era al comando, al secondo transitò sul rettilineo del traguardo agitando il volante della sua Cisitalia che gli era rimasto in mano. Non abbandonò la guida per un altro giro guidando con i monconi della staffa alla quale il volante era fissato, al box lo lasciarono con il cofano scoperchiato ma arrivò comunque tredicesimo. Nel 47 vinse a Parma ed arrivò secondo alla Mille Miglia, dopo aver resistito alla fatica e alla pioggia.
La classe non è acqua
L’anno seguente, Nuvolari aveva 56 anni ma fece un’impresa stupefacente alla Mille Miglia. Tazio si era recato a Brescia come spettatore per assistere alla partenza e salutare i colleghi, vedendolo a bordo pista decisero di offrirgli una Ferrari.
All’età suonata di 56 anni e senza allenamento, Nuvolari si mise alla guida scatenandosi come i vecchi tempi. Nel 1950 le ultime apparizioni, poi la decisione di chiudere con le corse.
Ciao campione
Nuvolari non annunciò mai formalmente il suo ritiro, ma la sua salute andava deteriorandosi. Nel 1952 venne colpito da un ictus che lo lasciò parzialmente paralizzato, morì un anno più tardi, l’11 agosto, a causa di un altro ictus.
Fonti:
Museo Tazio Nuvolari
Il Ferrarista